Finalmente qualcuno che ha il coraggio di dire pane al pane.
Susanna Tamaro -una che dal cognome si è tolta una erre (Tamarro) o, quanto meno, l’apostrofo (T’amaro)- ha detto che, basta!, bisogna smetterla di fare studiare nelle scuole italiane Verga e tutti gli altri grandi della Letteratura italiana, Dante compreso, e cominciare, invece, a far prendere dimestichezza agli studenti con gli autori contemporanei e le loro opere che sono più comprensibili.
Il suo Va Dove Ti Porta Il Cuore, per esempio.
Tanto perché la comprensione dei testi classici della nostra Letteratura risultava ostica già a lei.
Per carità, ognuno è libero di impiccarsi all’albero che vuole ma mi fa strano che una furba come lei non si sia lasciata una via di fuga scegliendo un ramo che, magari, potesse spezzarsi con il suo peso.
Né c’è alle viste un Daniele che la salvi.
Secondo i risultati delle prove Invalsi dell’anno 2022, infatti, il 35% dei nostri ragazzi non è in grado di comprendere e rielaborare un testo letterario e la domanda che sorge spontanea è: siccome i testi, dalla riforma Gentile in avanti, mutatis mutandis, sono sempre stati gli stessi e quelli prima della Tamaro, chi più chi meno, riuscivamo quasi tutti a comprenderli, se lei, la casta Susanna, e i giovani d’oggi per il 35% non ci riescono cui prodest abbassare l’asticella e introdurre, al posto dei vecchi testi dal contenuto più abbordabile?
È possibile, semmai, che quei 35 su 100 “ragazzi d’oggi”, abituati a parlare dicendo raga’ e amo’ e a scrivere xké e simili, stiano limitando enormemente le loro potenzialità intellettuali e che una soluzione come quella proposta dalla Tamaro dia loro una mano a farsi del male?
Mia madre, a insegnarmi quanto fosse faticosa la vita, mi diceva: u pani è sup’a vucca du cannuni.
Possibile che tutto sia cambiato e tutto così in fretta?
Degli etologi hanno fatto un esperimento.
Hanno preso un cane domestico e uno randagio e li hanno messi davanti a un piatto sotto il quale avevano nascosto del cibo.
Entrambi i cani sono riusciti a rimuovere il piatto a furia di grattarci sopra con le zampe e a mangiare il boccone.
Successivamente hanno riproposto la prova dopo avere, però, inchiodato il piatto al suolo.
Ebbene, dopo qualche inutile tentativo, il cane domestico, abituato a vedersi risolvere i problemi, si è fermato e ha alzato lo sguardo per chiedere aiuto ai presenti mentre il randagio continuava a grattare e grattare sopra il piatto.
Dio abbia in gloria mia madre.
Sergio Salomone