R. e P.

Proviamo a fare due conti.
Nella vulgata dei sinceri democratici che sono pappa e ciccia con il politically correct Giorgia Meloni è “la pesciarola”.

Quella, in parole povere, che parla urlando come se stesse vendendo i pesci al mercato.
Non oso immaginare l’appellativo con il quale la omaggerebbero se, appena appena, fossero meno correct. Ma tant’è.

Così è perché negli attici radical chic, lontani dai rumori della vita quotidiana, negli ambienti al riparo dagli odori e dalla confusione dei mercati rionali dove i norcini, i fruttaroli, i pizzicagnoli o i prestinai (i panettieri in Lombardia) urlano per attirare i clienti, in quegli ambienti, insomma, delle grandi città che hanno decretato il successo della Paperona svizzera Elly Schlein, alzare la voce non è indice di bon ton.
Colà, direbbe l’Alighieri, gli schizzinosi cultori dei film di Ingmar Bergman preferiscono per lignaggio i sussurri alle grida.

E, per ciò, ti aspetteresti che questo indicatore di status abbia la stessa valenza erga omnes e ti senti disorientato quando, invece, prendi atto del fatto che questo non accade.
-Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre . . .- è il leitmotiv usato in tutti i media a lei avversi per perculare la Premier dal momento di quel suo urlo identitario, istintivo e liberatorio quasi quanto quello più famoso ritratto da Münch.

Poi accade che, mentre la Schlein, la pasionaria della Sinistra, ripete pari pari la medesima solfa con la sola piccola variazione relativa all’essere madre ma con lo stesso numero di decibel, nessuno storca il naso ma, anzi, esalti la passione di questa uguale uguale alla passione di quella.
Il re non fa corna .

Stessa cosa ieri nel question time in Parlamento.
La neo segretaria piddina ha usato toni aggressivi e registri vocali da contralto -nel suo caso dire “soprano” sarebbe troppo femminile rispetto alle sue onnicomprensive preferenze sessuali.
E questo non ha fatto scandalo ma è stato omologato come l’inizio della fine della pacchia per la Meloni.
E due: fate quel che dico e non fate quel che faccio.

-La vostra azione sono i rave, i condoni, la guerra alle ONG . . .- ha detto la nuova leader del PD dimenticando che i suoi compagni Renzi (prima di lasciare il PD), Letta, il sodale Conte e il tecnico Draghi di condoni ne hanno fatti a bizzeffe.
E tre: Jupiter posuit nobis duas peras . . .

Va da sé, con questi presupposti, che il duello tra le due donne di cui tanto si riempiono la bocca, nelle intenzioni della Sinistra non si dovrebbe combattere ad armi pari.
Sennonché, se la Schlein ha per padrini i media che gridano al fascismo, la Meloni ha dalla sua l’opinione pubblica.

Come nella migliore tradizione ottocentesca, il duello si svolgerà all’alba sotto le mura del convento dei cappuccini.

Sergio Salomone