Un mio amico aveva la fissa per il rispetto della fila.
Per lui era una questione di principio e, come la Storia insegna, i princípi sono al principio di tante stravaganze.

Avrei dovuto scrivere  “alla base di . . .” ma mi sarei persa la possibilità di giocarmi il calambour.
Lui si trovava bene a Eurodisney a Parigi dove la fila scorreva fra labirinti fatti di strette transenne all’interno delle quali, per chi stava dietro era impossibile passare davanti e chi stava di fianco era a non meno di cinquanta posti prima o dopo di lui.

Mentre la fila scorreva era rassicurato ed era capace anche di leggere un libro o di fare il sudoku.
In qualunque altro posto, invece, era sempre sul chi vive e pronto a fare caciara con chi cercasse di fare il furbo.
Al banco dei salumi del supermercato capitò una volta che una signora, approfittando dello spazio che si era creato momentaneamente tra lui e il cliente davanti, tentasse di sopravanzarlo con il suo carrello.
Subito la tamponò e, a quella che gli domandava con aria da finta tonta: -Oh, anche lei è in fila?- rispose pronto; -Ma no, signora, sotto al boschetto fa un caldo boia e, perciò, sono venuto al supermercato dove c’è l’aria condizionata. Ho preso il carrello per non dare nell’occhio.-
Per chi non fosse di Marina di Gioiosa, il “boschetto” sono quella dozzina di pini marittimi in doppia fila, come i cipressi di San Guido, con qualche panchina sotto in prossimità del lungomare dove d’estate si rifiata in qualche modo.
Un’altra volta in banca una signora (ancora una donna ma quella volta incinta) tentò la stessa manovra e lui non si fece scrupolo di dirle davanti a tutti: -Signora, vi siete divertita prima e anche qui volete approfittare?-
Come dicevo, per lui il rispetto della precedenza veniva prima di ogni altra cosa anche a costo di essere esagerato.
Oggi arrivo in posta e un amico che si era prenotato con l’app di Poste Italiane ma, per abitudine, aveva ugualmente preso il numerino progressivo mi si avvicina e, non avendone lui bisogno e credendo di farmi cosa gradita, me lo dà.
Era il 46.
Io lo prendo e mi siedo di fianco a una anziana signora ad aspettare il mio turno.
Il mio amico si sbriga e se ne va.
Nell’attesa, tra una chiacchiera e l’altra, domando alla signora che numero abbia lei.
-Il 58- mi risponde.
Al momento in cui sul display appare il 45 le chiedo di darmi il suo biglietto e le do in cambio il mio.
Lei non capisce e mi guarda stranita.
-Tranquilla, signora, ‘u fazzu pe’ Maurizio.-
-E cu’ è Mauriziu, fhígghju? ‘U canúsciu?-
-No, signora. Peccatu ca n’o canuscístivu-

Sergio Salomone