Più o meno tra la fine dello scorso secolo e l’inizio di questo, Emmanuel Carrère scrisse un intrigante romanzo breve dal titolo Facciamo un Gioco.
Leggetelo, non sarà tempo perso.
Il gioco che propongo io è: qualcuno sa dirmi chi è Valery Gergev?
Vi risparmio la fatica di andare a cercare su Google:
il nostro personaggio misterioso è un famoso direttore d’orchestra russo, grande amico di Putin, che a pochi mesi dall’invasione dell’Ucraina avrebbe dovuto dirigere alla Scala di Milano la Dama di Picche di Ciajkovskij. Non avendo mai egli speso una parola per condannare l’operato dell’amico invasore, il sovrintendente del Teatro Lirico, in quel clima di generale condanna, lo sostituì con un altro direttore sempre russo.
Ricorderete che quelli che “fermo restando che Putin ha invaso un Paese straniero, la colpa è, tuttavia, dell’Occidente e della NATO che minacciano i confini russi” -tutti fricchettoni de sinistra tifosi della Grande Madre Russija che tentano di farsi passare per equidistanti- stigmatizzarono l’episodio dicendo che del direttore in questione doveva interessare solo la bravura indiscussa, che non bisognava mischiare l’arte con la guerra e per giorni non si parlò d’altro.
Passa il tempo e, come sempre accade, la nemesi rimette le cose a posto.
La nostra Beatrice Venezi, anch’essa direttrice d’orchestra ormai nota in tutto il mondo e non meno brava dell’omologo Gergev, in programma per dirigere la Filarmonica di Nizza viene messa in discussione con una petizione presentata da una dozzina di associazioni antifasciste di quella città in quanto, essendo consulente artistica di Fratelli d’Italia, va da sé che è fascista.
Al momento non ho ancora sentito una parola che sia una a commento del fatto da parte di quei sinceri democratici citati sopra.
Marianna Aprile e Luca Telese, i loro compagni di merende a orari non canonici e tutti i maggiori pensatori della carta stampata sono troppo impegnati a rimestare ogni sera i guai della Santanché e del figlio di La Russa e non hanno tempo per occuparsi con uguale passione di questo fatterello.
Non valgo l’unghia del mignolo del loro piede sinistro ma mi è sembrato giusto che qualcun altro lo facesse.
Accontentatevi.
Coda alla bruschetta su Beatrice Venezi di oggi 12 luglio 2023.
Subito dopo la pubblicazione della bruschetta citata nel titolo si è appreso che la Maestra Venezi, che dirige l’orchestra del Sumner Festival nella sua Lucca, ha eseguito nel corso della manifestazione organizzata per commemorare il centenario della morte di Giacomo Puccini, anche lui lucchese, l’Inno a Roma -parole di Fausto Salvatori e musica di Puccini- composto nel 1919 per celebrare la fine della Grande Guerra.
Dunque, tre anni prima della Marcia su Roma e dell’avvento del fascismo e adottato dal PNF prima e dal MSI poi.
Alcuni sindaci e personalità della politica hanno disertato la manifestazione adducendo varie motivazioni ma, chiaramente, in dissenso con la decisione non compresa in programma
La Direttrice, tuttavia, ha tirato per la sua strada dicendo chiaro e tondo che l’Inno ha valore patriottico, che lo ha sempre eseguito e che rinunciare a farlo questa volta per motivi ideologici di qualcuno che non accetta di chiudere i conti con il passato strumentalizzando tutto quanto si presti, anche irragionevolmente, ad essere stumentalizzato avrebbe significato sottoporre a critica le intenzioni di Puccini stesso.
I tedeschi che hanno voltato pagina eseguono senza problemi le musiche di Wagner, dunque, i nostalgici nostrani se ne facciano una ragione: lei non si lascia condizionare.
Per conto mio, farò recapitare un mazzo di rose alla Direttrice accompagnato da un bigliettino sul quale scriverò: Mia eroina, al vostro cospetto Giovanna d’Arco arrossirebbe.-
Deciderò in un secondo momento se chiederle la mano.
Sergio Salomone