Un incendio e’ stato appiccato da ignoti, nei giorni scorsi, in un deposito di mezzi agricoli di proprieta’ di Tiberio Bentivoglio, testimone di giustizia, in passato vittima di un tentato omicidio. Il fatto, di cui si e’ avuta notizia stamani, e’ avvenuto nella frazione Orti’ di Reggio Calabria, dove l’uomo possiede un frutteto

Bentivoglio, titolare di un’azienda di prodotti sanitari, il 9 febbraio 2011, fu vittima di un attentato alla sua vita al quale scampo’ solo perche’ il marsupio che indossava fermo’ il proiettile da lui diretto. Da allora vive sotto scorta, sebbene nell’aprile scorso gli fosse stata comunicata la decisione di sospendere la protezione contro cui ha fatto ricorso al Tar che deve ancora pronunciarsi nel merito.

L’imprenditore ha anche subi’to diversi danneggiamenti alle sue proprieta’, probabilmente dovuti al suo rifiuto di cedere alle richieste di denaro da parte della ‘ndrangheta. Sull’ultimo episodio, che ha causato il danneggiamento di alcuni mezzi agricoli, sono in corso indagini dei Carabinieri. All’emittente televisiva LaC che lo ha intervistato, Bentivoglio ha detto di sentirsi “stanco e deluso”.

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“Le mafie non dimenticano, hanno una memoria da elefante. Ho fatto altre denunce, sono molto preoccupato e deluso. Non so più se qualcuno leggerà quello che scrivo. Ma io non ho paura”. Così all’Adnkronos Tiberio Bentivoglio, testimone di giustizia che ha denunciato il racket e che nei giorni scorsi ha subìto l’ennesimo attentato in un terreno di sua proprietà. Ignoti, infatti, hanno tagliato la rete di recinzione ad Orti, frazione di Reggio Calabria e hanno dato fuoco a un frutteto – secondo quanto rilevato dal Ris dei carabinieri – con della benzina. ”Qualcuno vuole ancora mettermi in ginocchio – prosegue l’imprenditore -. Io non mi fermo, vado nelle scuole, giro tantissimo, non solo in Calabria. Quando i ragazzi mi chiedono conto dei fatti, io non sono omertoso, non nascondo nulla, faccio nomi e cognomi. Dico loro che scegliere di non pagare il pizzo non è sufficiente. Bisogna denunciare. Forze dell’ordine e magistratura sono ormai i miei compagni di viaggio. Continuerò ad andare dai carabinieri e in Questura, sempre”.
A novembre è in programma l’udienza per la decisione in merito alla riassegnazione della scorta, che gli era stata revocata dal ministero dell’Interno ad aprile scorso, revoca contro la quale Bentivoglio aveva fatto ricorso al Tar del Lazio ottenendone la sospensione. ”Voglio che me lo mettano per iscritto perché me l’hanno revocata – incalza Bentivoglio – perché quando io chiedo se si è riusciti a sapere chi mi ha sparato, mi rispondono che ci sono solo indizi su delle persone e quindi può essere che chi mi ha sparato abiti di fronte casa mia, vicino al mio negozio. Ecco, in questo caso la paura c’è, soprattutto per la tranquillità della mia famiglia”.
(Fac/Adnkronos)

Molinaro: appello al Prefetto di Reggio Calabria a mantenere la scorta al sig. Bentivoglio in Calabria
 
E’un episodio che fa gelare il sangue la nuova ed ennesima intimidazione al testimone di giustizia Tiberio Bentivoglio a Reggio Calabria. L’incendio sicuramente doloso avvenuto nel suo frutteto ha distrutto un capannone e macchinari. Bentivoglio non può certamente lottare da solo dopo i ripetuti attentati anche alla sua incolumità che hanno messo in pericolo la sua famiglia. L’imprenditore nel corso degli anni, denunciando, ha dimostrato e testimoniato una volontà ferrea. Certamente quando si ha questo coraggio, si provocano crude sensazioni nella consapevolezza di essere nel mirino di un clan  ndranghetista. Oltre alla scontata solidarietà, faccio appello al sig. Prefetto di Reggio Calabria affinchè la scorta, che in questo caso non è sicuramente uno status symbol, che è stata revocata a livello nazionale possa essere mantenuta in Calabria dopo una valutazione dei rischi fatta dalle forze di polizia implementati da ulteriori elementi a disposizione del sig. Bentivoglio. Le mafie come si è visto in questo caso non dimenticano e la protezione non può avere una scadenza, non può essere un foglio di carta con un timbro.
Nota stampa di Pietro Molinaro Presidente della Commissione Consiliare antindrangheta