Due mesi che valgono due anni, o forse di più. Sono passati sessanta giorni dall’avvio della sperimentazione clinica del vaccino contro il virus SARS-CoV-2 dell’azienda biothec americana Moderna e i primi risultati, resi pubblici il 18 maggio, sono stati definiti da tutti gli esperti molto promettenti.
Innanzitutto il vaccino si è dimostrato sicuro, non comporta effetti collaterali ed è ben tollerato. Ma soprattutto i dati mostrano che le persone vaccinate hanno sviluppato livelli di anticorpi uguali o superiori a quelli misurati in soggetti infettati dal virus e successivamente guariti. Notizie tanto incoraggianti da fare sbilanciare anche Anthony Fauci, direttore del Niaid (National Institute of Allergy and Infectious Diseases) e capo della task force della Casa Bianca per l’emergenza coronavirus.
Fauci si è detto «cautamente ottimista» rispetto all’efficacia del vaccino di Moderna «proprio perché» ha dichiarato alla Cnn, «i primi risultati hanno dimostrato la capacità di neutralizzare il virus con la somministrazione di dosi ragionevoli di vaccino, ed è lecito prevedere che se gli stessi livelli di anticorpi saranno confermati su un numero più ampio di persone, il vaccino potrà proteggere dall’infezione».
Alla frenetica corsa verso il vaccino per sconfiggere la piaga del 2020, partecipa anche Andrea Carfí, scienziato italiano, da dieci anni negli Usa e da due a capo del team sulle malattie infettive di Moderna. Intervistato dal sito dell’Espresso lo scorso marzo, era apparso ottimista fin dai primi giorni della prima fase di sperimentazione sull’uomo e, a quanto pare, i fatti oggi gli danno ragione.
«La cautela era e continua ad essere d’obbligo ma si, confermo che l’ottimismo era ben risposto», dice oggi Carfi all’Espresso. «Infatti, su tutti i 45 volontari sottoposti alla prima fase di sperimentazione, il vaccino è risultato sicuro, confermando i dati ottenuti in studi clinci di altri nostri vaccini. Abbiamo anche osservato la produzione di anticorpi in tutti i soggetti vaccinati e in otto di loro abbiamo dimostrato la presenza di anticorpi neutralizzanti, cioè in grado non solo di riconoscere il virus ma anche di bloccarlo evitando cosí l’infezione.