“Sono fiducioso – spiega Lucano – che questo allontanamento duri il più breve tempo possibile”. Poi inizia il racconto dello sbarco dei migranti. “Nell’estate del 1998 – ricorda – un vascello con 250 profughi arriva sulla spiaggia di Riace, li ho accolti e strada facendo è nata l’idea che con l’arrivo di queste persone si potesse ricominciare a costruire una comunità a Riace. Negli ultimi due anni però c’è stato un forte condizionamento e sono calati, ma nel 2015 su 1.600 abitanti avevamo circa 700 cittadini immigrati. E non ci sono mai stati particolari problemi. Avevamo tantissime case abbandonate, non avevamo bisogno di centri d’accoglienza. E così – racconta – abbiamo sperimentato l’accoglienza spontanea, nessuno può rimanere indifferente quando qualcuno ti chiede di essere aiutato”. Ma “cos’è il modello Riace?”, domanda Fazio. “Non c’era uno schema – risponde il sindaco – ma solo un’idea diventata una strategia che è quella di aiutare questi migranti”. La chiama “accoglienza dolce” quella sperimentata in questo paesino della Calabria che “mi ha permesso di ricostruire una comunità e di risolvere i problemi del nostro territorio, una delle cosiddette aree interne del profondo sud italiano, e dove l’emigrazione è l’unica soluzione per il futuro. Io pensavo che l’amministrazione comunale doveva occuparsi di questo aspetto, specie nella nostra terra, una terra con il sogno dell’accoglienza.”.
Fazio domanda a Lucano se il dovere di un amministratore è quello di rispettare la legge: “Io rispetto la legge – precisa- e anche il matrimonio di cui mi accusano è stato regolare, tra due persone che si conoscevano, io mi sono limitato a seguire la norma. Ma quando si vede qualcuno che muore è impossibile rimanere indifferenti, non si può stare fermi perchè ‘lo dice la legge’. Anche le leggi naziste erano la legalità ma sono state un dramma per l’umanità”. Poi aggiunge di aver giurato sulla Costituzione italiana e cita l’articolo 10 della Carta, quello che recita che l’ordinamento italiano ‘si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute’ e ‘la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali’.
Riace “dimostra che ci può essere anche un’altra realtà – aggiunge – alla parola migrazione si associano spesso problemi e si costruisce una propaganda elettorale”. L’esperienza di questo piccolo paesino ha invece dimostrato che possono esserci alternative. “E se è possibile a Riace, è possibile ovunque”, aggiunge Lucano. “Sono giorni di amarezza – dice in conclusione – ma non ho mai pensato meglio non farlo… Quando si ha un ideale, trovi dentro una forma di entusiasmo, si superano i momenti di sconforto. E poi il fiume di solidarietà è stato una cosa straordinaria. Voglio tornare a Riace il più presto possibile”. E il sogno di Mimì Lucano non finisce qui. Adesso che il sistema sprar è bloccato “possiamo tornare alle origini come i primi 4 anni, con i volontari – spiega – Non è possibile che debba prevalere questa società della barbarie. Il nostro sforzo e’ costruire una società dove non ci sono pregiudizi: incontrare un’altra persona dovrebbe essere sempre un orgoglio”.