Dante apre il paragone fra un vincitore del gioco della zara(una sorta di gioco di dadi),che vuole liberarsi di coloro che gli chiedono denaro ,e se stesso che ” si scioglie” dalla turba delle anime che gli chiedono di ricordarle sulla Terra. Il gioco all’ epoca di Dante era diffusissimo, benche vietato dagli statuti comunali ,in tutta Italia e in Europa. Esso consisteva nell’indovinare in anticipo i numeri che risultavano dalla combinazione di tre dadi gettati su una superfice piana. Era naturale che intorno ad un gioco d’azzardo di tal genere si affollassero turbe di curiosi. Sicuramente il Poeta avrà molte volte assistito a scene simili sulla piazza del Mercato Vecchio di Firenze.
Si tratta dunque di una descrizione vivacemente realistica ,dinamica e incalzante che spezza fortemente il tono melanconico ed elegiaco su cui si incardinava la narrazione di Pia de’ Tolomei ,che chiudeva il canto precedente. Ma soprattutto il richiamo , attraverso il paragone ,al gioco della zara è importante a livello narratologico-strutturale .
Innanzitutto consente a Dante un aggancio con la realtà terrena, che resta un elemento costante della cantica del Purgatorio. In secondo luogo ,esso si impernia sul tema della richiesta di preghiere, che è, per cosi dire, l’ossessione delle anime purganti. Esse furono vittime della malvagità del mondo , da cui ora sono dimenticate: il sacro legame della preghiera è l’unico filo che le può condurre alla memoria di chi le ha conosciute e che può donare loro un’ulteriore ancora di salvezza. In terzo luogo ,il campo semantico del “dolore” funge da prolessi al paragone finale tra Firenze e l’inferma : in tal modo si dischiuderà una prospettiva , esistenziale e teologica , ampia e complessa , che al lettore sarà disvelata solo alla fine del canto.
Vincenzo Bruzzaniti