R. e P.
Il caso “Ospedale di Locri”, ha suscitato un vespaio. Molti ne hanno sofferto. Hanno sofferto nel vedere che, a livello nazionale, si mostrasse quello che da molti anni, ognuno di noi conosceva. Siamo arrossiti, ci siamo sentiti a disagio. Certe cose, si sa, per quanto riprovevoli, assumono un significato diverso se rimangono in famiglia. In famiglia si media, ci si aggiusta, si nascondono, perfino, mali insanabili. Ma se cade il velo, e le stesse cose vengono conosciute da tutta la comunità, allora diventano talmente sporche da non essere più tollerabili. Così è stato per l’ospedale da incubo che abbiamo dietro casa nostra. La televisione ha mostrato qualcosa di devastante. Ha mostrato l’immagine di qualcosa che, pur essendo ancora viva, già puzza di cadavere. Un corpo violentato da chiunque ne abbia avuto voglia: chi lucrando sugli appalti, chi portando via farmaci o generi alimentari destinati ai pazienti, chi auto-attribuendosi incarichi e prebende, chi accettando incarichi pur non avendo le competenze richieste. L’ospedale di Locri è un corpo che ha subito immani abusi, fisici e morali, brutali e gratuiti, ma dosati abilmente, così da non farlo morire all’istante, ma da da tenerlo vivo per far vedere che, nonostante tutto, non è morto e, in caso morisse, la colpa sarà stata di tutti e di nessuno. Farlo respirare quel tanto che basta per sfruttarlo all’infinito, questo l’obiettivo. La televisione ha mostrato un male che non è più solo “ndrangheta, che non è solo massoneria un tanto al chilo, che non è solo bramosia di danaro e sciatteria. Questo male è qualcosa di diverso, è una colla velenosa nata dalla mescolanza di tutte le ingordigie e di tutte le incompetenze presenti sul nostro territorio. Questo male oscuro, è colla invisibile che contamina. E’ un male che ti entra dentro e ti svuota, che non ti ammazza, ma ti recluta. Ha il potere di tenerti in vita a suo piacimento, alle sue condizioni: le sue condizioni sono il silenzio e la complicità. Le dimissioni del dr. Mesiti, direttore generale di questa Cattedrale del male, era sembrato un gesto nobile, un gesto che poteva avere la forza di farci dire: ecco, finalmente qualcosa di diverso. Era un gesto che poteva portarci addirittura ad essere orgogliosi di sentirci Kalabresi, perché si era finalmente palesato un uomo diverso, un uomo che era riuscito a fare un passo indietro per onestà intellettuale. Invece, le annunciate dimissioni, si sono rivelate l’ennesimo imbroglio del male oscuro. L’uomo si è rivelato, inoltre, non solo inconsistente, ma anche codardo, nel momento in cui si è nascosto dietro le lacrime della figlia, lacrime certamente di sofferenza, verso cui ci inchiniamo, ma utilizzate come argomento di rivalsa e vittimismo. Poteva invece, il dr Mesiti, rendere orgogliosi sia noi, sia la figlia, confermando il passo indietro con testa dura, come è consuetudine dei calabresi onesti. Così non è stato e ne siamo, sinceramente dispiaciuti. Il resto è storia di queste ultime ore: le foto di una sala operatoria nuova di pacca, mostrata da giullari di corte in camice bianco, come se potesse, da sola, una sala operatoria, giustificare e coprire il resto del marciume e lo stesso male oscuro; un ministro della salute che, pur conoscendo bene il male di cui si parla, cade dal pero e non decreta, sic et sempliciter, l’azzeramento dell’organo direzionale; un Presidente di regione inconsistente che sa solo balbettare, mentre lo giannizzero di turno prova a sfasciare la telecamera del giornalista. Infine, un commissario di governo che conferma, formalmente, che tutto va bene madama la marchesa. Adesso vorrei rivolgermi ai giovani, a quei ragazzi che subiscono lo sfasciume e la violenza di questo male oscuro che non avvelena solo l’ospedale di Locri. Voglio rivolgermi a quei ragazzi a cui viene negato il diritto, dai partecipanti ai vari banchetti, ad avere un futuro accettabile e che, spesso, nella ricerca di una vita degna di essere vissuta sono portati a sbagliare percorso. Voglio dire a questi ragazzi, a cui il male oscuro ruba il futuro, che sono i padri a dovere chiedere scusa, i padri che si sono piegati, sia pure per bisogno, e che sono stati avvelenati dal male oscuro, divenendone schiavi e complici e bruciando il futuro dei figli. Voglio dire a questi ragazzi di non piegarsi, anche a costo di andare via, tanto prima o poi, questa Kalabria infame chiederà di riavere indietro i suoi figli onesti, quelli che non si sono piegati. La nostra società del male ha il vezzo di dimenticare. Dimentica anche chi, per scelte civiche, professionali e personali coraggiose, non è voluto andare via, ma non si è voluto neanche piegare al male e per questo ha pagato con la vita. Mi permetto di dire al sindaco di Locri, che pare sensibile a certi argomenti, che Locri ha bisogno che le vie e la strade, principali della nostra cittadina siano dedicate a chi non si è piegato al male oscuro e per questo è stato ammazzato. Locri ha bisogno di mostrare che non desidera nascondere in vie secondarie, spesso oscure più del male, il coraggio di Massimiliano Carbone, di Gino Marino, di Maria Teresa Pugliese, di Francesco Panzera e di tutte le altre vittime che il male oscuro ha portato via alla nostra crescita civile e al nostro futuro. Ci serve una piazza dei Martiri che però porti il nome di questi coraggiosi. Ci serve un corso Vittorio Emanuele che però porti il nome di Massimiliano Carbone. Forse la lotta al male oscuro parte proprio da qui, dal mostrare con orgoglio, e fierezza, le nostre ferite più profonde. L’onore di una comunità si rifonda soltanto se siamo capaci di mostrare al mondo intero quali sono i nostri veri eroi. Questo è il primo schiaffo che possiamo dare al male oscuro. Ci pensi signor sindaco, ci pensi.
Pristina, 02/03/2019
Vincenzo Carrozza