Un altro omicidio, un altro attacco violento alla libertà di stampa in un Paese dell’Unione Europea. Dopo la bomba che a ottobre ha ucciso Daphne Caruana Galizia a Malta, l’Europa si risveglia scossa dal brutale omicidio di Jan Kuciak e della sua compagna. Slovacco, 27 anni, reporter investigativo per Aktuality.sk, Kuciak è stato trovato morto assieme alla giovane compagna, Martina Kusnirova, nel suo appartamento di Velka Macia, nell’ovest del Paese, a 65 km da Bratislava. Secondo gli inquirenti slovacchi il duplice omicidio sarebbe avvenuto tra giovedì e domenica: lui ucciso con un colpo d’arma da fuoco al petto, lei alla testa. «La cosa più probabile è che l’assassinio sia legato al lavoro investigativo del giornalista», ha commentato il capo della polizia slovacca Tibor Gaspar.
Kuciak lavorava da tre anni per Aktuality e si occupava prevalentemente di frodi fiscali e di truffe sui fondi europei destinati ai Paesi economicamente deboli. Le sue inchieste hanno spesso toccato persone vicine al premier slovacco Robert Fico e al suo partito, Smer. Kuciak aveva scritto anche del controverso imprenditore Marian Kocner, da cui tempo fa aveva denunciato di aver subìto delle minacce. L’ultimo articolo del cronista 27enne, incentrato sui sospetti di frode fiscale attorno a un complesso di appartamenti di lusso a Bratislava, è stato pubblicato su Aktuality lo scorso 9 febbraio.
Ma sebbene i contorni del duplice omicidio siano ancora tutti da definire, negli ambienti del giornalismo investigativo internazionale circola già una pista che porta all’Italia e, in particolare, alla mafia calabrese. Ne scrive, su Politico, Tom Nicholson, reporter investigativo che aveva collaborato con il collega 27enne ucciso. Secondo il cronista di Politico, Kuciak stava lavorando anche a un’inchiesta su una presunta frode sui fondi Ue attorno alla quale ruotavano alcuni cittadini italiani residenti in Slovacchia che avrebbero legami con la ‘ndrangheta. Nicholson aggiunge che il caporedattore di Kuciak gli aveva riferito che il giornalista ucciso stava cercando di incrociare le informazioni raccolte con alcuni colleghi italiani per verificare l’identità nelle persone coinvolte nella presunta truffa e gli eventuali collegamenti con le cosche calabresi.
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