Ergastolo ed isolamento diurno per un anno. È pesantissima la richiesta del pm Rosanna Sgueglia per Giuseppe Pilato, il 31enne accusato di aver ucciso la moglie Mary Cirillo il 18 agosto 2014, nella loro casa di Monasterace. Un delitto efferato che il magistrato ha ripercorso in aula ieri mattina, raccontando ogni particolare di un rapporto morboso, fatto di gelosia e violenza, che avrebbe portato il giovane a premeditare e programmare il delitto della moglie senza alcun pentimento. In aula gli sms tra i due giovani, innamorati di un amore forse malato, difficile da riportare sulla giusta strada, che Mary aveva cercato di salvare fino alla fine, per amore dei propri figli – quattro -, che non voleva lasciare senza padre.

«Mary, fino alla fine, ha voluto tenere unita la famiglia, lo voleva fare per i bambini – ha detto il pm in aula -. Fino a pochi giorni prima della sua barbara uccisione, aveva pensato di farsi tatuare le iniziali del marito e dei figli». Ma non ce la faceva più. I suoi amici, i suoi familiari, lo sapevano perché era lei a raccontarlo. E anche gli sms scandagliati dalle forze dell’ordine dopo l’omicidio raccontano quel rapporto travagliato fatto, secondo l’accusa, di minacce e violenze. «Ti ho amato sì, basta, ma devo vivere felice, non così – scriveva Mary poco tempo prima di essere ammazzata -. Porterò via i miei figli da te». Pilato, ha dunque detto il pm, sapeva che Mary era arrivata al punto di rinunciare. «Non avrebbe più voluto ricostruire un rapporto con lui», ha affermato la Sgueglia.

E Pilato l’avrebbe uccisa per quel rifiuto categorico di tornare con lui, che si era messo in contatto con lei 120 volte prima dell’omicidio. «Aveva percepito che ormai Mary gli era definitivamente sfuggita – ha continuato il magistrato -. E ha premeditato quel delitto». Un delitto aggravato dai maltrattamenti, che sarebbero durati per ben dieci anni, dal 2004 al 2014. «Pilato ha tenuto comportamenti violenti, un maltrattamento unilaterale fatto anche di offese e umiliazioni, che trovano riscontro anche nelle parole della figlia». Quella figlia che quel giorno ha trovato il corpo della madre riverso a terra in una pozza di sangue e ha urlato «papà l’ha ammazzata». Un urlo che per la Sgueglia significa solo una cosa: «la bambina conosceva l’indole violenta del padre». A suo carico anche l’accusa di violenza sessuale, riscontrata nelle confidenze fatte da Mary alla sorella e ad un’amica.

IL DELITTO – Mary non ha avuto il tempo di difendersi. Non ci sono segni di lotta, solo quel colpo che ha attraversato la sua mano, portata al volto sperando di salvarsi. Ma non è bastata. «Vi è la prova scientifica di assenza di contatto tra la vittima e il suo assassino. Il delitto è stato programmato ed è emerso tempo prima in forma latente. Non è stato un delitto d’impeto – aggiunge il pm -, i vicini non hanno sentito alcuna lite. Pilato era perfettamente consapevole di come entrare in casa senza essere visto o sentito». Per l’accusa si tratterebbe di un gesto deliberato e lucidamente eseguito, volto «ad annientare la moglie, colpendola simbolicamente alla bocca».

Tra i due c’era una fortissima conflittualità. La gelosia morbosa di lui emergeva in quegli sms carichi di risentimento. «Spero che Dio te le faccia pagare tutte – scriveva Pilato alla moglie -, tanto lo sai cosa sei». Poco prima di morire, Mary aveva provato a chiamare lo psicologo del marito. Lo stesso psicologo, ha evidenziato la Sgueglia, che ha confermato l’ossessione del giovane per un possibile tradimento della moglie. Lei lo diceva alla madre: «Mamma, qualche giorno mi ammazza». Perché quei messaggi non lasciavano presagire nulla di buono: «Io ti perseguiterò – si legge nel suo telefonino -, per sempre, ovunque. Sarai mia o di nessun altro». E quella violenza, ha raccontato la primogenita agli inquirenti, era fatta anche di botte. «Poi le chiedeva scusa e lei lo perdonava, perché gli voleva bene», ha riferito il pm in aula riportando le parole della piccola. «Il delitto non è frutto di stress emotivo – ha insistito -. Ha agito per odio».

A dare man forte alle parole del pm le perizie eseguite dagli esperti nominati dal tribunale, che hanno escluso l’infermità mentale, in netto contrasto con quelli di parte, che invece hanno ritenuto Pilato incapace di intendere e di volere al momento dell’omicidio. «Era pienamente capace di intendere, era cosciente delle conseguenze delle sue azioni – ha infatti sostenuto il pm -. Questo omicidio non è frutto di patologia ma di rabbia, odio e rancore, per il fatto di essersi sentito abbandonato, per la gelosia e l’ansia di perderla. Ha tenuto un comportamento molto lucido: le determinazioni dei periti sono inattaccabili». E per la Sgueglia, Pilato non avrebbe mai dimostrato pentimento per quanto fatto: «non ha mai fatto un minimo accenno alla memoria della moglie, l’unico rammarico è essersi consegnato dopo la latitanza». Una fuga programmata nei minimi dettagli, altra prova della premeditazione per il pm. «Ha dimostrato una mancanza assoluta di rispetto per la vittima». E per i figli, ha sottolineato Maria Roccisano, legale della famiglia Cirillo. «Chiediamo una condanna che sia di esempio, perché è emersa con assoluta certezza che Pilato ha scelto di uccidere la madre dei suoi figli senza esitazione».

Simona Musco da zoomsud.it

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