Di Giovanni Padalino
Puntare e valorizzare giovani talenti: è questo quello che si sente spesso parlare dalle società calcistiche, in una situazione in cui il calcio italiano ha sempre meno giocatori, capaci di emergere in categorie professionistiche.
La dimostrazione è la nostra nazionale di calcio.
Una seria non progettualità, ha condotto gli azzurri negli ultimi anni a non qualificarsi per due volte consecutive ai mondiali.
Abbiamo voluto chiedere il parere di Ilario Pensosi, direttore sportivo ed opinionista, con un’idea molto importante: scoprire giovani promettenti.
Dottor Pensosi, il calcio italiano è tra i più seguiti al mondo, però affronta una crisi molto evidente: la mancanza di ragazzi giovani, che dai settori giovanili riescono ad emergere in categorie professionistiche.
Secondo lei perché succede questo?
La mancanza di giovani si riflette sul mondo sportivo italiano complessivo. Questa domanda non ha risposte delineate, ma prevede un sistema politico – sportivo coinvolto.
Si inizia con le ore di Scienze Motorie previste nel mondo scolastico, dalle strutture sportive scolastiche, per terminare nella gestione degli studenti che sono atleti di alto livello.
Poi c è una questione economica instabile, che non consente alle famiglie di far praticare sport ai figli.
La dinamica delle strutture sportive incombe, e degli stadi sempre più obsoleti.
La cultura Sportiva, insita, nel risultato immediato, e non alla crescita sportiva prevista per l’ atleta.
Per ultimo la riforma dello sport, che sta comprimendo il calcio dilettantistico, a discapito, dei settori giovanili e delle scuole calcio, dove si formano gli atleti.
Lei gira sui campi, soprattutto quelli dilettantistici.
Esistono giocatori bravi che rimangono confinati in piccole realtà?
Per quale motivo?
Per prima occorre una riforma sportiva sui campionati; in particolare un campionato di intermezzo tra la serie D e i professionisti.
Punto due : l’obbligo di far giocare i giovani in lega pro e nella serie D, comporta che ove ci fosse un calciatore pronto al salto di categoria, si predilige un giovane che esce dalle primavere per ricevere gli introiti dalle federazioni.
Infine esiste una evidente mancanza di programmazione, scouting inefficace, e società che cambiano sempre di proprietari e persone al comando che non garantisce la continuità.
Il talento: prima ragazzi comuni, da squadre di quartiere riuscivano ad arrivare in serie A.
Ne potremo fare di nomi eccellenti che da due calci ad un pallone in piazza con gli amici, venivano scoperti per poi indossare le casacche di grandi squadre.
Oggi può succedere tutto questo?
Non può succedere perché in Italia si sta edificando in tutte le aree, a sfavore dei parchi, e delle zone attrezzate allo sport.
I pericoli sono aumentati in strada , per cui le famiglie tendono meno a farli uscire.
Infine la tecnologia ha devastato intere generazioni, generando disfunzioni psicologiche, sociali, relazionali.
Devo dire a malincuore la verità: i nomi italiani non esistono oggi, perché le scoperte derivano dagli stati Africani , dell’Est Europa e Sud America.
Tra un po’ ci sarà un nuovo campionato europeo: una qualificazione abbastanza sofferta ottenuta dagli azzurri, grazie allo spareggio con l’Ucraina.
Come vede questa nuova squadra e soprattutto crede che ci sia un ricambio generazionale?
Spalletti può incidere tanto sotto l’ aspetto psicologico, ma non siamo all’ altezza di un Europeo.
Il ricambio generazionale deve esserci, altrimenti tutto controproducente.
Auspico almeno i quarti all’ Europeo.
Nel nostro paese la passione per questo sport ci porta sempre ad averle una netta speranza in un mondo e un calcio migliore.
Cosa manca al calcio italiano e soprattutto a quello giovanile?
Investimenti sullo sport: strutture e stadi
Programmazione a lungo termine sui giovani.
Incrementare le ore di Scienze Motorie e Sportive nelle scuole e le strutture scolastiche.
Settore giovanile fino alla primavera: giocano solo gli italiani o chi è nato in Italia.
Invece nei dilettantistici fino alla lega pro, bisognerebbe abbassare l’ età degli atleti e solo italiani.
Programma comune della Federazione alle scuole calcio ;
Le mie proposte sono queste: iniziare a 6-10 anni con attività multisport senza campionati, per poi continuare sui
10-14 anni con campionati senza promozioni e arbitraggio.
Bisogna concentrarsi sulla tecnica individuale, applicando situazioni di gioco.
È importante invece dai dai 14-18, focalizzarsi sui principi tecnico tattici generali, tra cui la tecnica e rapidità abbinate alle capacità condizionali, soprattutto alleandosi con la palla.