Ho voluto dedicare un piccolo libro arricchito da molte fotografie ad uno dei nostri prodotti caseari più conosciuti nel nostro territorio perché ho avvertito l’esigenza di dare, nel mio piccolo, un contributo nel far conoscere un prodotto ancora, sotto certi versi, poco conosciuto. Il Caciocavallo di Ciminà è un prodotto di nicchia che, se pur non si avvale di segni distintivi legati al territorio quali DOP o IGP, possiede in sé uno straordinario legame con il territorio e questo lo rende identitario a dispetto di altri formaggi che seguono standard produttivi su scala industriale.
Oggi, però, grazie al Ministero delle Politiche Agricole, al Comune di Ciminà e ad associazioni di volontariato quali Slow Food, il Caciocavallo di Ciminà può godere delle minime garanzie che gli restituiscono una identità attraverso l’scrizione all’elenco PAT (Produzioni Agroalimentari Tradizionali), essere diventato un Presidio Slow Food e beneficiare del marchio De.CO. (Denominazione Comunale). Tutto è nato qualche anno addietro quando, grazie all’Università, ho potuto dedicarmi a studi e ricerche sulla qualità e valorizzazione dei prodotti agroalimentari del nostro territorio, ma il libro più che affrontare il tema della valorizzazione dei prodotti alimentari del nostro territorio da un punto di vista scientifico affronta l’argomento da un punto di vista relazionale, storico, identitario di un prodotto che si identifica con il territorio. Ho voluto dare più valore alla storia, ai personaggi, ai luoghi della nostra area Grecanica rigata dalle fiumare secche e da sovrastanti monti. Ciò che mi incuriosiva era capire come l’artigianalità potesse sposarsi con l’innovazione e la tecnologia quest’ultima sempre associata ad una idea di industrializzazione. La differenza tra artigianale e industriale, in un primo momento, potremmo ascriverla ad un processo di scala con la differenza che un prodotto artigianale e tipico del territorio ha in sé anche storie, sacrifici, tradizioni e saperi mentre l’industriale richiama ad una catena di montaggio. Quasi tutto il nostro Made in Italy è basato sull’artigianato che si caratterizza in tutte quelle attività che vengono esercitate senza il particolare sussidio di macchinari che, invece, si usano nell’industria per produrre migliaia di esemplari tutti uguali. Certo, nel settore alimentare bisogna rispettare una scrupolosa e rigida legislazione in materia di igiene e sicurezza, ma non per questo, se si presta attenzione durante i vari processi anche un prodotto artigianale, cioè fatto a mano, può soddisfare i rigidi standard igienici di produzione. È così, anche il piccolo artigiano, che intende immettere sul mercato il proprio prodotto alimentare, deve ottemperare ai minimi requisiti di garanzia igienico sanitari. I prodotti artigianali corrono da sempre dei rischi. Il primo rischio fra tutti è una imitazione o una evocazione del prodotto da parte di terzi. I piccoli imprenditori per trovare delle tutele devono innanzitutto saper fare squadra e identificarsi tutti con un unico territorio che sappia ben fornire le caratteristiche al prodotto. Bisogna sempre fare affidamento ad Enti ed Istituzioni diramate a livello locale e centrale quali le Università, Aziende Sanitarie Provinciali, NAS, Carabinieri Forestali, al Ministero dell’Agricoltura della Sovranità Alimentare e delle Foreste, la Camera di Commercio e rivolgersi anche ad associazioni e categorie di settore riconosciute a livello nazionale e internazionale; ma soprattutto bisogna resistere ed affermarsi sui mercati! L’artigianale si contrappone oggi all’industriale e sempre più il consumatore è alla ricerca di prodotti del territorio rispettosi dell’ambiente. Negli ultimi anni l’espetto economico ed ambientale relativo al Km zero sta registrando degli ottimi risultati.
Gli ultimi dati indicano, infatti, che il 51% degli italiani è attento ad acquistare prodotti alimentari a filiera corta, l’83% acquista frutta e verdura di stagione e ben il 44% sceglie prodotti a Km zero. Il mio nuovo libro racconta luoghi e storie di un areale compreso tra Ciminà, Antonimina e comuni limitrofi che da secoli producono un formaggio che rappresenta a pieno le caratteristiche del territorio. Assaggiando il Caciocavallo di Ciminà il consumatore percepisce da subito la genuinità del latte e il sapore di erbe tipiche del pascolo collinare. Il libro racconta la mia esperienza di ricerca insieme a due cari colleghi del luogo Bruno e Francesco che mi hanno ospitato per qualche giorno e mi hanno accompagnato per le campagne, tra le stalle, nei caseifici ma soprattutto nelle case dei ciminesi dove si produce ancora il caciocavallo per il consumo domestico. Il libro è arricchito di moltissime foto scattate per l’occasione e ritrae la produzione del formaggio sia in chiave semi industriale che artigianale appunto richiamando l’attenzione della Fondazione Mediterranea che ringrazio per aver voluto dare voce a questa mia esperienza. Il libro si conclude, per l’interesse o la curiosità degli amanti della cucina, con il suggerimento di qualche ricetta da preparare in casa o tra amici anche se il Caciocavallo di Ciminà è presente sui menù dei migliori ristoranti.
di Antonio Paolillo* – *Tecnologo alimentare
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