Estorsione consumata e tentata ed in concorso e aggravata dal metodo e dalla finalità mafiosa: sono queste le ipotesi di reato contestate a vario titolo a cinque persone stamani finite in carcere, una delle quali è comunque già detenuta per altra causa.
Gli investigatori – che sono stati coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro – hanno indagato su alcuni gravi fatti estorsivi che avrebbero visto come protagonista, suo malgrado, un imprenditore che opera nel settore edile.
La tesi è che a quest’ultimo i cinque arrestati abbiano avanzato delle richieste di denaro come “forma di protezione”: un “pizzo” da pagare per stare tranquillo e poter proseguire senza “problemi” la propria attività economica.
Le somme presumibilmente estorte sarebbe servite anche per sostenere le spese di persone ristrette in carcere, in particolare alla vittima sarebbe stato imposto di pagare il 3% dell’importo degli appalti pubblici che si era aggiudicato per alcuni lavori in corso nella zona dell’alto Tirreno cosentino.
L’OPERAZIONE è stata condotta dagli uomini della sezione investigativa dello Scico, il Servizio Centrale Operativo di Catanzaro, della Squadra Mobile di Cosenza e della Compagnia dei Carabinieri di Scalea, supportati in fase esecutiva dal personale del Reparto Prevenzione Crimine “Calabria Settentrionale”, dalle Stazioni dell’Arma competenti per territorio, e da un’unità cinofila della Polizia di Stato.
Il provvedimento cautelare, emesso su richiesta della Dda catanzarese, scaturisce da un’approfondita attività di indagine coordinata dalla stessa Direzione Distrettuale e sviluppata con investigazioni di tipo tradizionale, attività tecniche, riscontri sul campo e servizi dinamici sul territorio.
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