Aristide Bava
La scrittrice Maria Caterina Mammola , componente del gruppo “Borghinfiore”, si è soffermata, con una sua relazione, nel corso della recente edizione del Premio, su alcuni aspetti dei borghi antichi che potrebbero diventare una “forza aggiunta” nella sfida per la candidatura della Locride a Capitale Italiana della cultura 2025. Ha parlato, soprattutto del loro patrimonio immateriale. “I borghi antichi – dice la Mammola – sono depositari di storie millenarie, di storie scritte sulle pietre, tra i vicoli e i palazzi, sui campanili delle chiese, sulle cime dei colli che fanno da corona tutt’intorno. Ogni borgo è una visione, mutevole e fascinosa a modo suo, per il visitatore che cerca di valutare con gli occhi e con la mente lo scenario colorato che ha di fronte, mentre chi ci vive, magari sente la fatica, la solitudine, il peso di ambienti ritenuti distanti dai lussi urbani delle grandi città”. Considerazioni certo da condividere alle quali Maria Caterina Mammola che ha appena pubblicato ( addirittura a Monaco di Baviera) un suo ultimo libro dal titolo ” Parole e simboli di memorie” aggiunge che ” all’origine il borgo aveva il significato di agglomerato urbano ben protetto, fortificato, luogo sicuro per i residenti che ci costruivano le proprie dimore! Il castello – sintetizza la Mammola – per le famiglie feudali, il borgo per la cittadinanza operosa. Il borgo, città medievale che si ingrandiva attorno a chiese, con i sobborghi, i casali, oppure, come Gerace, col borgo maggiore e il borghetto”.
La scrittrice non manca di ricordare che “La visione del borgo nella mente rimanda a una presenza umana forte tra le strade, le case, le numerose chiese, accanto a quella degli animali domestici” e si sofforma anche su Siderno antica, che sul colle alle spalle, aveva – come ha scoperto lo storico Domenico Romeo – le sue mura di protezione”. Maria Caterina Mammola parla anche del “linguaggio” dei Borghi “che c’è nello cose, nojn solo nelle parole scritte nelle carte, nelle pergamene. I luoghi parlano, gli alberi parlano. Ma non sono “nostri”, cioè di nostra proprietà, di cui godiamo in senso materiale e in senso spirituale, sono di tutti, di tutti coloro che hanno occhi per vedere, intelletto per capire. È un patrimonio incommensurabile, come l’aria che respiriamo. Per questo, – dice la Mammola – alcuni luoghi speciali sono classificati come patrimonio UNESCO. Il loro valore non è misurabile con i nostri simboli economici” E poi il ricordo delle visite compiute nei borghi vicini, e in altri dell’Italia con la precisazione, però, che “c’è qualcosa che distingue ognuno di essi, qualcosa che oltrepassa il visibile, va diritto al cuore: è un rivivere interiormente sentimenti di vicinanza ai luoghi, dare un senso alle radici di una comunità che quei luoghi ha plasmato, ci è vissuta, ha affrontato situazioni, difficoltà, peripezie, ha tramandato esperienze, progetti realizzati, ha trasmesso eredità, valori da non respingere. Un patrimonio immateriale dato da una “somma” di valori, che non si estinguono con la decrescente demografia in atto in molti borghi ( nota dolente soprattutto dei borghi della Locride) , dietro visioni allettanti per i cittadini, in luoghi diversi e in forme diverse del vivere”. Però aggiunge Maria Caterina Mammola ” anche se si perde un po’ della propria identità locale, non si perde quella delle proprie radici. Ed è su queste radici che si innesca il patrimonio immateriale, fatto di tradizioni, di espressioni linguistiche, di suoni, colori, sapori, paesaggi, fiori, volti e figure di persone, attività stagionali, memorie personali e storiche.” La vera forza, insomma, di questi siti, che si portano appresso la forte necessità della loro rivitalizzazione, una necessità indiscussa che, oggi più che mai potrebbe servire a ricreare, in questi siti, economia e sviluppo sociale e contribuire al loro ripopolamento.
Nella foto Maria Caterina Mammola e il borgo antico di Siderno superiore