R. e P
Mercoledì 26 giugno si celebra la XXXII Giornata Mondiale contro il consumo ed il traffico illecito di droga” indetta, sin dal 1987, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per ricordare l’obiettivo comune a tutti gli Stati membri di creare una comunità internazionale libera dalla droga. Ma come ogni anno ci interroghiamo perché oggi sul tema delle dipendenze continua a gravare un deficit d’informazione e di prevenzione.
Questo avviene perché l’uso delle sostanze è entrato in parte nelle maglie della compatibilità del sistema e perché non c’è un vero interesse nei confronti dei consumatori e dei tossicodipendenti, che vengono considerati principalmente come un problema. Questo mentre il fenomeno continua ad esserci e a manifestarsi in forma sempre più grave e ci deve costringere ad aprire di più gli occhi iniziando a guardare dentro la nostra città, ascoltando con maggiore compartecipazione gli operatori pubblici e privati del settore dipendenze e, ancor di più, i tanti genitori e giovani che il problema lo vivono in prima persona.
La cannabis rimane la sostanza illegale più utilizzata nella vita dagli studenti tra i 15 e i 19 anni, seguita, nell’ordine, dalle nuove sostanze psicoattive (NPS), spice, cocaina, stimolanti, allucinogeni ed eroina. È quanto emerge dalla Relazione annuale al Parlamento 2018 sullo stato delle tossicodipendenze in Italia, curata dal Dipartimento per le politiche antidroga.
Il confronto con i risultati delle precedenti rilevazioni evidenzia come negli ultimi cinque anni il consumo nel corso della vita sia leggermente aumentato, mentre per le altre forme di consumo si è assistito a una sostanziale stabilizzazione.
I dati rivelano che il 33,6% degli studenti (circa 870.000) ha utilizzato cannabis almeno una volta nella vita, il 25,8% (circa 670.000) ne ha fatto uso nel corso del 2017, il 16,4%, (circa 420.000) ha riferito di averla consumata nel corso del mese di svolgimento dello studio e il 3,4% ha dichiarato di averla consumata frequentemente (20 o più volte nell’ultimo mese).
Gli studenti che riferiscono di avere sperimentato la cocaina almeno una volta nella vita sono poco più di 88.000 (3,4%), 49.000 quelli che ne hanno fatto uso nel corso del 2017 (1,9%) e quasi 33.000 quelli che l’hanno usata nel mese antecedente la compilazione del questionario (1,3%).
L’1,1% degli studenti (circa 28.000) riferisce di aver fatto uso di eroina almeno una volta nella vita; lo 0,8% (oltre 20.000) l’ha assunta almeno una volta nel 2017 e lo 0,6% (15.500) nel mese precedente la compilazione del questionario.
Il problema della droga e dell’alcool non risparmia neanche la nostra regione:la cocaina è di sicuro la sostanza che più si sta diffondendo. Sotto osservazione è anche l’eroina perché le stime ci dicono che il consumo è in lenta ma continua crescita. Cannabinoidi ,crack e alcool chiudono un quadro davvero desolante che riguarda giovani e meno giovani.
Dalla citata relazione emerge che presso i 16 Ser.d calabresi gli utenti in carico nel 2017 sono stati 290 e quelli già in carico 1021 , mentre nelle 19 strutture socio- riabilitative del privato sociale gli utenti in carico nel 2017 sono stati 290 e quelli già in carico 1021.
Alla diffusione delle droghe “da prestazione” si affiancano forme di dipendenza più sottili ma non meno dannose. Ecco allora il triplicarsi in questi ultimi anni dell’uso degli psicofarmaci e degli antidepressivi, l’approccio sempre più precoce all’alcool come veicolo di stordimento,il diffondersi della bulimia e dell’anoressia,disturbi alimentari che nascondono problemi di relazione col proprio corpo e con una immagine di sé che i modelli consumistici vorrebbero ingabbiare in una esteriorità superficiale e anonima. Ecco il sempre maggiore ricorso ai giochi d’azzardo, alle scommesse,alle lotterie. Una sorta di tassa sulla povertà con una ampiezza di offerta tale da favorire gli abusi,la perdita del controllo,la dipendenza.
Nella nostra regione è in atto una riduzione generale del volume massimo di prestazioni erogabili previste negli accordi contrattuali con il privato accreditato, ma tale riduzione, per le Comunità Terapeutiche che già da sempre lavorano sotto soglia minima, incide pesantemente sul sistema, sia in termini di sostenibilità, sia, purtroppo, di qualità del servizio reso, con ogni immaginabile conseguenza nei confronti del cittadino.
Le nostre comunità terapeutiche sono in balia di budget finanziari sempre più ridotti con il risultato paradossale di una nuova creazione di liste di attesa per l’inserimento in comunità, non a causa della mancanza di posti ma per la carenza di fondi.
A ciò si aggiunge la prassi consolidata dell’enorme ritardo con cui vengono retribuit e le comunità terapeutiche operanti sui territorio reggino e calabrese: le giuste spettanze sono attese dal mese di maggio del 2018, oltre un anno fa. Una situazione a dir poco paradossale che però sta mettendo in ginocchio un intero settore
Peraltro, nel momento in cui sono tagliati i fondi sociali è chiaro che il tema della prevenzione e del reinserimento, l’inizio e la fine, cioè, della filiera sociosanitaria del circuito della tossicodipendenza, sono pesantemente ridimensionati. La stessa prevenzione in Calabria è praticamente azzerata. E azzerando la prevenzione e i servizi per la cronicità e quelli di bassa soglia ci ritroviamo con un vero allarme sociale.
Parlare di dipendenze, oggi, significa porre l’attenzione sul deficit educativo e culturale, perché dietro le dipendenze c’è spesso un vuoto di relazione, di riferimenti, di conoscenza. Significa anche denunciare la riduzione e in certi casi l’azzeramento delle politiche sociali e la ricaduta sulle persone in difficoltà come su chi opera nei servizi.
Significa , altresì, denunziare l’immobilismo del Parlamento rispetto a proposte presenti per una riforma organica della legislazione antidroga,oramai superata dalla evoluzione delle forme di dipendenza; la mancata convocazione, or sono nove anni, della conferenza triennale nazionale sulle droghe, peraltro, obbligatoria per legge;l’investimento concreto della politica sanitaria regionale, in ambito dipendenze patologiche, assolutamente insufficiente;l’abbandono delle politiche territoriali di prevenzione ed inserimento lavorativo;una notevole difformità fra le varie regioni italiane, nel settore dei servizi privati per le dipendenze, non solo nei budget destinati alla cura e riabilitazione, ma anche nell’individuazione dei criteri di riferimento del sistema e della retta giornaliera.
Se, dunque, i fondi sociali continuano a restare quel che sono è chiaro che il tema della cura e del reinserimento,parti sostanziali della filiera del circuito della tossicodipendenza, resteranno pesantemente condizionati.
In questo scenario certamente la scuola ha un suo preciso ruolo da svolgere. La prevenzione è soprattutto educazione. Ma anche nel mondo scolastico è percepibile una situazione di estrema causalità e precarietà.
L’annuncio del ministro Fontana di un piano di formazione nelle scuole condiviso con il Miur, finanziato con 3 milioni di euro, del rifinanziamento del fondo per le politiche antidroga e della prossima riattivazione della conferenza nazionale antidroga evidenzia,tuttavia, che qualcosa si muove.
Sperando che il prossimo anno non si suoni lo stesso spartito.
25 giugno 2019
Guido Leone
già Dirigente tecnico USR Calabria