«Quando Giorgia Meloni si è insediata, ha indicato la lotta alla criminalità organizzata come una delle priorità del suo governo. Ci avevo creduto: ma evidentemente ho sbagliato». Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, intervistato dal Fatto Quotidiano. «Le intercettazioni – afferma – sono un fondamentale e insostituibile mezzo di ricerca della prova. Limitare l’uso ha un solo effetto: ostacolare la lotta alla criminalità, impedendo che sistemi come quello del Qatargate vengano scoperchiati; significa non volere stare dalla parte dei cittadini onesti. In Italia negli ultimi anni non si è investito adeguatamente. La criminalità è in continua evoluzione e ricorre a strumenti tecnologici sempre più avanzati, come i cosiddetti ‘criptofonini’.
Recentemente, gli investigatori hanno bucato questi apparati, che i criminali ritenevano non intercettabili. Lo hanno fatto la Francia, l’Olanda, il Belgio, ma non l’Italia. La corruzione si prova con accertamenti bancari o documentali? Senza intercettazioni come provo gli accordi tra le parti? Come pensate che abbiano operato i magistrati belgi?». Nordio ha detto che le intercettazioni costano troppo: «Tra tutti i mezzi di ricerca della prova è quello meno caro, oltre a essere quello che assicura la raccolta ‘del dato’ nella forma più oggettiva». Sulla lotta alle mafie «allo stato non mi pare sia stato fatto nulla in positivo, ma soprattutto si rischia di fare enormi passi indietro».
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