A Trapani, nella XXX Giornata della Memoria e dell’Impegno organizzata da Libera, sono stati letti i nomi di 1101 vittime innocenti della mafia, tra cui molti calabresi. Un momento di riflessione per ricordare chi ha pagato con la vita l’opposizione al crimine organizzato e per sostenere le famiglie ancora in cerca di verità e giustizia.

La memoria delle vittime e la voce delle famiglie

Per molte famiglie non c’è ancora la consolazione di una giustizia compiuta. Uomini, donne e bambini hanno perso la vita per aver sfidato un sistema che, pur mutando nel tempo, continua a esercitare il proprio potere in modo silenzioso ma radicato. Come spiegato da don Luigi Ciotti, fondatore di Libera: «Le mafie oggi fanno meno rumore, ma sono più forti. Non si parla più di infiltrazioni, ma di connivenze. Sono sistemi diffusi e pragmatici». La ‘ndrangheta, in particolare, è oggi presente in cinque continenti e in 42 nazioni.

1101 nomi per non dimenticare

La Giornata della Memoria e dell’Impegno, che si celebra ogni 21 marzo dal 1996, culmina con la lettura dei nomi delle vittime innocenti della mafia. Un elenco che cresce anno dopo anno: dai circa 300 nomi letti nella prima edizione, oggi si è arrivati a 1101.

Il primo nome nella lista è quello di Giuseppe Montalbano, medico e politico siciliano ucciso nel 1861 per aver difeso i diritti dei contadini. Tra i primi martiri calabresi della lotta alla criminalità figurano don Antonio Polimeni e don Giorgio Fallara, assassinati nel 1862 a Ortì, in provincia di Reggio Calabria. Storie di coraggio che risalgono a tempi lontani, ma che trovano un tragico filo conduttore fino ai giorni nostri.

Le nuove vittime ricordate quest’anno

Quest’anno sono stati aggiunti 20 nuovi nomi alla lista, tra cui 11 donne e 5 minori. Alcuni di questi nomi appartengono a vicende del passato, riaffiorate dopo anni di oblio; altri, invece, raccontano episodi più recenti, a testimonianza del fatto che in alcuni territori le mafie continuano a colpire.

Tra questi, la storia di Francesco Floramo, agricoltore e padre di cinque figli, che denunciò richieste estorsive da parte dei fratelli Donato di Varapodio, in provincia di Reggio Calabria. Grazie alla sua denuncia, i suoi estortori furono arrestati e condannati. Tuttavia, otto anni dopo, il 20 giugno 1990, fu assassinato mentre tornava a casa sul suo trattore.

Ogni anno, numerosi familiari delle vittime, provenienti da tutta Italia, partecipano alla manifestazione per tenere vivo il ricordo dei loro cari. Nomi e storie che continuano a vivere nei volti ritratti nelle fotografie strette tra le mani e appuntate sul cuore.

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