27 gennaio 1852 – 27 gennaio 2022
170° Anniversario del Miracolo di San Rocco
Racconto storico del miracolo:
Nel gennaio 1852, la popolazione di Gioiosa e dei paesi vicini si è venuta a trovare in una particolare condizione di disagio per un duplice motivo, per un susseguirsi di scosse sismiche ed una persistente siccità, in un momento in cui la pioggia si rende indispensabile per la nascente vegetazione dei campi.
Anche in questa circostanza, i fedeli gioiosani hanno trovato un valido aiuto facendo ricordo, con viva fede, al loro celeste patrono e protettore, S. Rocco.
Una preghiera costante e profonda si è levata dal cuore dei fedeli a Lui, perché, intercedendo presso la misericordia di Dio, datore di ogni lume e di ogni bene, la critica situazione trovasse una favorevole soluzione, con la cessazione delle scosse sismiche e con la caduta di una benefica pioggia sui campi, arsi dalla siccità.
L’evento risolutivo non si fece attendere e, il 27 GENNAIO di quel 1852, verso le ore 19, cioè poco dopo mezzogiorno, secondo il computo orario del tempo, la statua del santo, esposta in chiesa alla pubblica venerazione dei fedeli, ha ad emanare un PROFUSO SUDORE.
La notizia del fatto si è diffusa rapidamente e la gente in massa si è riversata in chiesa, per constatare l’evento, per ammirare le meraviglie della bontà di Dio e dei suoi celesti prodigi e per ringraziare il santo, per la sua intercessione e per la sua protezione.
Da processo verbale, sottoscritto dai maggiorenti della Città, a cominciare dall’arciprete Cavaleri Don Luigi Maria Pellicano-Spina; Don Giuseppe Macrì (Sindaco); Don Lorenzo Carbone; Don Domenico dei Baroni Ajossa (Capo Urbano); e Don Errico Agostini medico condotto del comune di Gioiosa Ionica; e dai Sacerdoti Don Giuseppe Carnì, Don Saverio Greco, Don Saverio Alì, Don Luigi Macrì, Don Vicenzo Mittica, Don Giuseppe Sorbara e Don Domenico Tarzia; e dai galantuomini Don Ludovico Barone Linares, Don Giovan Battista Cavaliere Linares, Don Gaspare Pellicano-Spina, Don Antonio Pellicano-Spina, Don Raffaele Macrì fu Pietro, Don Giuseppe Linares, Don Tommaso Pellicano-Spina, Don Giuseppe Macrì fu Rocco e Don Domenico Badolato, “come presenti al seguente fatto, venghiamo a dichiarare – dice il documento – a gloria di Dio, e con giuramento qualmente trovansi il popolo tutto tra timori, lacrime, e spavento pregando con pubbliche processioni di penitenza onde calmare l’ira di Dio, manifestata co’ continui tremori per i quali la popolazione tutta era per le strade, e nelle campagne, e per fiducia comune si era fatto ricorso al potente patrocinio di S. Rocco Protettore per ottenere grazia dalla misericordia di Dio, circa le ore diciannove (del 27 gennaio, poco dopo mezzogiorno, tra le 14 e le 15 –ndr) inaspettamente partiva dalla Chiesa di S. Rocco, dove la statua si trovava esposta alla pubblica adorazione, un grido, che annunciava come segno mirabile e prodigioso, che la statua di S. Rocco, era in sudore. Accorse tutto il popolo a tal fatto, e noi pure qui sottoscritti, e cogli occhi abbian veduto, e colle mani abbiamo toccato tutto ciò che ora deponghiamo, cioè, il sudore vero, reale, visibile per la durata di due ore e mezza, senza interruzione, quale ad onta che continuamente si astergea particolarmente da me Domenico Ajossa Capo Urbano, e da me Errico Agostini, Viceprotomedico, e da noi sacerdoti, pure dalla dita, e dalla piaga nella gamba sinistra, e dal volto, gocciolava, e spandea, rimanendo soltanto asciutte le vesti. Il bambace intriso, ed avvicinato al sudore, si sentiva untuoso sotto il tatto, e qual più se ne inzuppava, più sudore vi compariva e sempre al cospetto della intera popolazione, ed il volto, agli occhi, ed al tatto dava la sensazione, e l’impressione d’un uomo che suda. Allora medesimo commosso tutto il popolo, e suonando tutte le campane della Chiesa, dopo che io Arciprete fattomi da un rialto nel largo della Chiesa, dove fu necessario portarsi l’Immagine per l’angustia del Sacro Tempio, fatto un piccolo discorso, indi si volle portare in trionfo per le vie del Paese: e frattanto, mentre da più di un mese dal cielo acqua non cadea sopra la terra, per confirmare la giojosana divozione, e la grazia per S. Rocco ottenuta dalla misericordia di Dio (la sottolineatura è del redattore) trovandosi ancora in piazza la processione, sopravvenne la pioggia, la quale seguitò per tutta la notte, e parte del dì seguente, e così equilibrato l’elettricismo nella terra, nel territorio giojosano, dall’ora Santa di quel giorno, non s’è intesa scossa forte, o leggiera di tremoto, fino ad oggi che si contano li sei Febbraro. Affinchè resti perciò di tanto prodigio fatto alle venture nostre generazioni, cara ricorrenza, e memoria, abbiamo redatto il presente verbale da noi giurato e sottoscritto.
“Gioiosa sei febbraio milleottocentocinquantadue”. (dagli atti del Notaio Francesco Catalano, che si conservano presso l’Archivio di Stato di Locri).
(L’intero testo è stato copiato dal libro “Il culto di San Rocco a Gioiosa Ionica” ad opera di Mons. Vincenzo NADILE)