Giacomo Leopardi ” Alla luna ” analisi della lirica a cura del Professore Vincenzo Bruzzaniti
O graziosa luna, io mi rammento
che, or volge l’anno , sovra questo colle
io venia pien d’angoscia a rimirarti:
e tu pendevi allor su quella selva
siccome or fai , che tutta la rischiari .
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
il tuo volto apparia , che travagliosa
era mia vita: ed è ne cangia stile,
o mia diletta luna. E pur mi giova
la ricordanza , e il noverar l’etate
del mio dolore. Oh come grato occorre
nel tempo giovanil quando ancor lungo
la speme e breve ha la memoria il corso
il rimembrar delle passate cose .
ancor che triste e che l’affanno duri !
L’idillio Alla luna si fonda su uno dei temi che più frequentemente ricorrono nella lirica leopardiana : il ricordo, che è per il poeta fonte inesauribile di poesia e di piacere . Mentre osserva la luna che splende nel cielo e illumina il monte Tabor , nei pressi della casa paterna , riaffiora nella sua mente una situazione analoga che egli ha vissuto l’anno precedente . Anche allora guardava la luna ma i suoi occhi erano velati di pianto per l’angoscia che lo opprimeva e che continua a travagliarlo . In realtà nulla è mutato , ma il ricordo del passato , anche se triste , racchiude in se una particolare dolcezza . Il tempo sfuma i contorni degli eventi e attenua l’intensità del dolore rendendo ogni cosa vaga , indeterminata , Poichè per Leopardi tutto ciò che appare infinito , senza limiti precisi, procura piacere , ecco che il ricordo sia pure di eventi tristi risulta dolce e gradevole proprio perchè è sfumato e incerto.
Il componimento si articola in due sezioni ciascuna delle quali è costituita da due periodi.
La prima sezione ( VV. 1-10) , occupata dal ricordo del passato . è pervasa da una nota di malinconia: il poeta rievoca infatti l’angoscia della sua vita , il pianto che annebbia i sui occhi , l’immutabilità della sua condizione . La sezione si apre e si chiude con un’invocazione alla luna sulla quale vale la pena di soffermarsi. La luna viene definita graziosa e diletta , nel primo attributo confluiscono una notazione oggettiva e una soggettiva : graziosa infatti vuol dire bella , ma anche gradita , cara ; il secondo aggettivo , diletta , ci fa sentire la luna come una creatura viva, benevola. Il componimento dunque rispecchia la prima fase del pessimismo leopardiano , quando la natura appare agli occhi del poeta come una madre benigna e confortatrice . Infatti tutti i termini riferiti alla luna hanno connotazione positiva e le immagini comunicano sensazioni di vastità e di luminosità anche per la frequenza del suono chiaro e aperto della vocale a . Nella seconda parte (10-16) predomina la riflessione del poeta sulla funzione consolatrice della rimembranza e sulla dolcezza che da essa può scaturire. Qui la parole sono tutte legate al tema del ricordo che sfuma i contorni delle cose trasformando l’angoscia del presente in dolce malinconia . Il motivo del ricordo si trova alla all’inizio e alla fine del componimento ,mentre la parte centrale è dominata dal tema del dolore ; ne risulta una struttura circolare in cui l’elemento malinconico viene racchiuso tra due sensazioni di dolcezza.
Giacomo Leopardi ( Recanati 1798- Napoli 1837) il più grande poeta lirico del nostro Ottocento . Le sua opere sono: gli idilli, I canti, Il ciclo di Aspasia , Lo Zibaldone I Pensieri e le Operette Morali .
Professore Vincenzo Bruzzaniti