Oltre due milioni di euro in contanti contenuti in due valige. Un importo che fa salire a tre milioni e mezzo, invero, il totale dei beni confiscati oggi ad un imprenditore reggino del settore del commercio carburanti.
Il provvedimento, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale del capoluogo dello Stretto è stato eseguito dalla Guardia di Finanza locale, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri.
La figura criminale dell’uomo era emersa nell’ambito dell’operazione “Andrea Doria”, che nell’aprile del 2021 portò all’arresto di 23 persone, tra cui lo stesso imprenditore, ed ad un maxi sequestro da oltre 620 milioni di euro.
L’operazione avrebbe disvelato un articolato sistema di frode fiscale realizzata nel del commercio di prodotti petroliferi, imperniata su delle triangolazioni societarie ritenute fittizie, e finalizzate ad evadere l’Iva e le accise, oltre che sull’impiego di false dichiarazioni di intento, un istituto che consente di acquistare in regime di non imponibilità.
In particolare, la presunta associazione – di cui avrebbe fatto parte, con il ruolo di capo proprio l’imprenditore – avrebbe gestito l’intera filiera della distribuzione del prodotto petrolifero dal deposito fiscale fino ai distributori stradali finali, interponendo tra queste due estremità della catena una serie di operatori economici, ovvero delle imprese considerate “cartiera” che commerciavano carburante, dei depositi commerciali e dei brokers locali, con lo scopo di evadere le imposte in modo sistematico, emettendo ed utilizzano le dichiarazioni di intento di cui accennavamo.
La tesi degli inquirenti è che le aziende “cartiere” abbiano asserito di possedere tutti i requisiti richiesti per poter beneficiare delle agevolazioni previste dalla normativa di settore, acquistando il prodotto petrolifero senza l’applicazione dell’Iva.
Il prodotto, “a seguito di meri passaggi ‘cartolari’ tra le società coinvolte, sarebbe stato ceduto a prezzi concorrenziali ad individuati clienti, in danno, peraltro, degli onesti imprenditori del settore” sostengono gli investigatori.
Alla luce di queste evidenze, la Direzione Distrettuale Antimafia ha delegato al Gico una indagine economico-patrimoniale finalizzata all’applicazione, nei confronti dell’imprenditore, delle eventuali misure di prevenzione personali e patrimoniali.
L’attività, attraverso complessi e articolati riscontri, anche documentali, ha così portato a rilevare il patrimonio direttamente e indirettamente nella disponibilità dell’uomo, il cui valore sarebbe risultato sproporzionato rispetto alla capacità reddituale manifestata.
Nel mese di luglio 2022 il Tribunale di Reggio Calabria aveva disposto, di conseguenza, il sequestro del patrimonio riconducibile all’imprenditore e alla sua famiglia
Oggi, invece, riconoscendo la validità dell’impianto indiziario, con ha deciso la confisca dell’intero compendio aziendale di due società di capitali operanti nel commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi, delle quote di partecipazione al capitale di una società attiva nel settore della consulenza tecnica, di un fabbricato, due terreni, un motoveicolo e, appunto, il denaro contante trovato nelle valige suddiviso in mazzette avvolte nel cellophane: il tutto era nascosto in un garage nella disponibilità dell’imprenditore.
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