ROMA – «Mi sono preso il mesotelioma, un tumore molto cattivo». Franco Di Mare, giornalista della Rai, a “Che tempo che fa” parla a Fabio Fazio della sua malattia. «Questo tubicino che mi corre sul viso è legato a un respiratore automatico e mi permette di respirare in modo forzato, ma mi permette di essere qui a raccontare, a parlare con te. È un cancro legato alla presenza di amianto nell’aria. Si prende tramite la respirazione di particelle di amianto, senza rendersene conto e senza saperlo. Una fibra di amianto è 6.000 volte più piccola e più leggera di un capello. Ha un tempo di conservazione lunghissima, può restare in attesa fino a 30 anni e quando si manifesta spesso è troppo tardi. Le speranze però non finiscono, la ricerca va avanti».
«Non è vero che domani non ci saranno possibilità, ma al momento no. Io stasera sono qui a festeggiare l’idea che ci sia una soluzione che ancora non si è scoperta ma che probabilmente verrà scoperta. Non bisogna buttarsi giù e si può andare avanti con ragionevoli speranze che ci sia una soluzione e che non sia cosi lontana».
«Ho avuto una vita bellissima. Le memorie che ho sono piene di vita. Non voglio fossilizzarmi attorno all’idea di morte. Mi voglio legare all’idea che c’è la vita. Quello che mi dispiace tanto è scoprirlo solo adesso. Non è ancora tardi. Non è ancora tardi perché, come diceva Boskov la partita finisce quando arbitro fischia. Il mio arbitro non ha fischiato ancora». (adnkronos)
Commosso Fabio Fazio, che ricorda che oggi è il giorno dei lavoratori vittime dell’amianto e presenta “Le parole per dirlo. La guerra fuori e dentro di noi” (Sem Editore, 112 pagine, 15 euro), il libro di Franco Di Mare, giornalista Rai, che è stato anche direttore di Rai 3.
Per la malattia, dice il giornalista, c’è bisogno che ci sia l’idea di comunità intorno al malato, «quando qualcuno si ferma ad aiutare gli altri lì nasce la comunità degli umani». Nel libro si intreccia la sua storia di vita con l’esperienza del momento e la sua terribile malattia.
«Ho avuto una vita bellissima e le memorie che ho sono piene di vita. Mi dispiace di scoprirlo adesso, ma non è troppo tardi il mio arbitro non ha fischiato ancora», dice accolto da un grande applauso.
Chiede Fazio spiegando che alla fine c’è rammarico, per chi si è dileguato? «Tutta la Rai, tutti i gruppi dirigenti. Capisco che ci siano ragioni sindacali e legali, io chiedevo lo stato di servizio, l’elenco dei posti dove sono stato per sapere cosa si potrebbe fare. Non riesco a capire l’assenza sul piano umano, persone a cui davo del tu che si sono legate al telefono. Trovo un solo aggettivo: è ripugnante». (ansa)