Fedeli ad una tradizione secolare siamo grati al Signore che ci fa vivere dei momenti di festa qui a Polsi, ove veneriamo Maria, la Vergine madre del Divin Pastore.

La festa di questo anno avviene mentre sta per iniziare il Giubileo, che si celebra ogni venticinque anni. Papa Francesco ha indetto questo anno Giubilare nel segno della speranza, consegnandoci un messaggio ispirato alle parole dell’apostolo Paolo: «La speranza non delude» (Rm 5,5). Sotto lo sguardo della Madonna di Polsi, nostra madre amorevole, la speranza non delude. “Ai piedi della croce, mentre vedeva Gesù innocente soffrire e morire, pur attraversata da un dolore straziante, Maria ripeteva il suo “sì” a Dio, senza perdere la speranza e la fiducia … Nel travaglio di quel dolore offerto per amore diventava Madre nostra, Madre della speranza” (papa Francesco). Nel momento supremo della sua ora Gesù stesso ci ha consegnato la Madre: “Ecco tua madre!” Maria diviene così nostra madre e noi suoi figli. Avere per madre la madre di Gesù ci riempie di gioia e di grande speranza. La speranza è ciò di cui oggi hanno più bisogno il nostro tempo, le nostre famiglie, le nostre chiese diocesane. Oggi più che mai c’è bisogno di speranza: senza speranza non ci può essere festa. Il popolo di Polsi vive nel segno della speranza.

Maria in questo particolare momento ci mostra che anche il nostro Santuario ha bisogno di speranza, per continuare ad essere per tutti luogo di riconciliazione, di perdono e di pace. Come lo è stato per tanti nel corso del tempo. Solo Dio sa quanti in questo luogo hanno incontrato la misericordia di Dio, il perdono e la riconciliazione. Mi chiedo cosa sarebbe stato l’Aspromonte senza la Madonna di Polsi. In questo luogo hanno trovato rifugio monaci ed eremiti, gente in cerca di Dio, profughi di guerra e senza tetto, gente perseguitata. In tanti qui hanno ritrovato la fede dopo un lungo periodo di lontananza da Dio. Qui la Madonna è la donna di speranza che invita alla conversione quanti nel corso della loro vita hanno fatto scelte sbagliate o hanno preferito il malaffare alla vita onesta e laboriosa. Qui a molti ha fatto ritrovare la gioia di vivere la riconciliazione con i fratelli. Questo santuario è stato fonte di speranza per tanti, che hanno scoperto che una vita diversa è possibile, che il male, l’illegalità e il malaffare possono essere sconfitti, che dal tunnel della violenza si può uscire.

Questa speranza oggi è messa duramente alla prova. È messa duramente alla prova quando l’accesso al santuario è reso difficile, se non impossibile, a causa delle difficoltà del cammino, dei blocchi stradali, della mancanza di servizi di ristoro essenziali. Chi viene in pellegrinaggio a Polsi sa di dirigersi in un luogo di preghiera accogliente, gradevole e riposante. Non pensa di trovarsi in un deserto, dove non è possibile avere neppure una bottiglietta d’acqua, per ristorarsi o un panino assortito per il proprio figlioletto. Senza la tutela dei pellegrini, delle famiglie, dei malati e degli anziani, dei gruppi di pellegrini in cammino, delle carovane, non c’è speranza per questo santuario.

A tutte le istituzioni mi permetto di chiedere: aiutiamo i fedeli a venire in questo santuario, offriamo loro le migliori condizioni di accoglienza. Favoriamo l’accesso ai piccoli, agli anziani ed ai malati. Sono loro soprattutto ad averne bisogno. Non è giusto trascurarli e non fare quanto necessario per aiutarli a superare gli ostacoli che si frappongono lungo il cammino. Ogni fedele devoto ha diritto a vivere l’esperienza del pellegrinaggio a Polsi in sicurezza, avendo la possibilità di un ristoro. Come accade per ogni Santuario. Non c’è legge che tenga di fronte ai bisogni primari essenziali. La legge è fatta per l’uomo non l’uomo per la legge. Su questo invito a riflettere seriamente.

Di fronte alle tante difficoltà che si stanno frapponendo a chi desidera venire in pellegrinaggio, mi chiedo quale speranza rimane per il santuario di Polsi, dislocato nel cuore dell’Aspromonte?

Ho sempre apprezzato il servizio delle forze dell’ordine e di quanti sono stati impegnati nel garantire l’accesso al santuario. Non posso non esprimere loro viva riconoscenza e gratitudine. Il loro è un servizio necessario che favorisce il raggiungimento del santuario in sicurezza, ma è un servizio che richiede vigilanza, saggezza, attenzione e tanta prudenza. Esso richiede i buoni samaritani della strada, pronti al soccorso ed a venire incontro a chi è in difficoltà. Il divieto o la limitazione della circolazione non risolve il problema. Anzi può seriamente aggravarlo. Ho accolto con grande disagio le contestazioni di tanti pellegrini costretti a fare un lungo percorso a piedi o a ritornare a casa. Le consegno a chi di dovere, perché si trovino le giuste soluzioni, che garantiscano il diritto di libera circolazione e di accesso al santuario.

Alla Chiesa spetta offrire il servizio religioso e curare l’organizzazione della vita del santuario. Alle autorità civili spetta predisporre adeguate vie di accesso, tutelare la salute, la pubblica incolumità, la sicurezza e l’ordine pubblico ed assicurare i servizi essenziali. A ciascuno compete una propria responsabilità specifica. Scusate se mi permetto questa sottolineatura, ma in ogni caso occorre sempre venire incontro alle esigenze dei cittadini se non si vuole che il sistema di convivenza civile vada in crisi.

Saluto, benedico e ringrazio tutta i devoti di Polsi. È una comunità gioiosa, allegra, giovanile, proveniente da tutti i paesi aspromontani e della piana di Gioia Tauro e della Locride. Una realtà molto variegata e composita. Per questa sua complessità mi porta a pensare al regno di Dio, che Gesù definisce come una rete gettata nel mare che raccoglie pesci buoni e pesci cattivi, o come il campo di grano dove germoglia il buon grano, ma anche l’erbaccia seminata dal diavolo. Polsi raccoglie tutti, santi e peccatori: non fa differenza di persone, tra poveri e ricchi, tra giovani ed anziani. A tutti vuole dare la possibilità di vivere il perdono e la pace, lasciandosi alle spalle gli errori commessi.

L’amministrazione di questo nostro Santuario esige tanta cura e attenzione. Per molta parte della stagione invernale è difficilmente accessibile. A breve sarà soggetto ad un intervento importante di messa in sicurezza antisismica. C’è chi si prende cura di esso. Permettetemi perciò di ringraziare il superiore/rettore, don Tonino. È lui, che da buon cireneo porta sulle spalle il peso di una realtà complessa e impegnativa. A lui interessa solo che il santuario possa offrire quanto necessario al bene dei fedeli. Non ha altri interessi. Ma non può ricadere solo su di lui l’onere e la responsabilità dell’accoglienza dei numerosissimi pellegrini. Né si possono addebitargli la mancanza dei servizi di ristorazione, la chiusura dei servizi commerciali e dell’area mercatale, né tanto meno le difficoltà della viabilità. Su questo occorre una riflessione più approfondita da parte di chi di dovere, perché non si creino situazioni di ingiustizia sostanziale. Fare osservare le leggi è necessario ed importante, ma il bene delle persone, il futuro delle famiglie, il lavoro e la ricerca del pane quotidiano vanno sempre affermati.

A don Tonino ed ai suoi più stretti collaboratori, al consiglio di amministrazione del santuario e a tutti i volontari, sacerdoti e laici, va la mia e la nostra stima e riconoscenza. Le loro scelte sono ispirate alla ricerca del bene comune. Mi sembra un bel segno di speranza fatto dall’amministrazione del santuario la scelta di gestire per fini sociali dei beni confiscati alla criminalità organizzata. È un bel segno di grande valore sociale e civile. Mostra a tutti che al male fatto alla società si può porre rimedio, restituendo ad essa quanto le è stato ingiustamente sottratto. È anche una scelta esemplare per dare opportunità di lavoro a persone deboli e fragili, a detenuti che desiderano uscire dalla propria condizione marginale e mettere da parte gli errori commessi. Dare loro la possibilità di reinserimento sociale significa ridare fiducia e speranza.

Consentitemi di ringraziare anche i tantissimi volontari del santuario, il personale addetto all’accoglienza, e alla sua cura, quanti si prendono cura degli aspetti sanitari, i medici volontari, il personale infermieristico. Sono tutti volontari che rendono un servizio di solidarietà, carità ed umanità. Spendono del loro tempo con la sola motivazione della fede in Maria e dell’amore per il santuario.

Qui a Polsi ci sono sempre state belle testimonianze di volontariato, reso con dignità, tanta disponibilità, rispetto e gratuità. Ne ricordo solo uno venuto a mancare proprio in questi giorni: zì Peppino Giorgi che ha dedicato la sua vita a questo santuario in umiltà, silenzio e spirito di accoglienza.

Polsi esige un lavoro di squadra, che si prenda cura non solo del santuario ma anche degli ambienti esterni. C’è bisogno di grande coesione, della compattezza istituzionale e della sinergia tra i vari enti pubblici preposti. A nessuno può sfuggire che il santuario svolge un fondamentale ruolo per tutto il territorio e chiede a tutti di adoperarsi concretamente nel rispetto e nella cura dell’ambiente. È in un’area verde del parco nazionale dell’Aspromonte che merita tanta attenzione e cura. È una grande sfida per tutto il territorio e le sue istituzioni.

Polsi appartiene a tutti noi, non lasciamoci rubare la speranza di un santuario cercato ed amato non solo per la sua storia, ma soprattutto per la possibilità che dà a gente semplice e umile, alla gente d’Aspromonte, di liberarsi dalle proprie paure grazie alla fede in Maria e di sentirsi popolo. Esso ci ricorda che la vita cristiana è un cammino, che ha come meta l’incontro con il Signore Gesù, un cammino che ha bisogno di momenti spirituali forti per nutrire e irrobustire la speranza.

La fede nella Madonna accresce la nostra fede in Dio e rende la nostra vita più umana e più fraterna. Non dimentichiamo che quando Dio è assente dalla vita dell’uomo viene meno la speranza, e la ragione stessa di far festa. Per questo torna attuale l’esortazione del papa san Giovanni Paolo II d’inizio del suo pontificato:

Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà! […]. Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa!».

In Gesù incontriamo il Dio di cui parla il profeta Isaia: “Anche se una donna si dimenticasse del suo bambino, io non mi dimenticherò mai. Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani”. Siamo “un tatuaggio” nelle palme delle mani di Dio, fatti a sua immagine e somiglianza! Cosa possiamo chiedere di più? Dio ci vuol bene più di quanto possiamo immaginare: non abbiamo paura di accoglierlo. Amando e venerando Maria non possiamo che amarlo sempre di più ed accogliere il Figlio. Amen!

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