Undici persone, tra amministratori di fatto e di diritto di quindici società, si sono visti notificare dalla Procura della Repubblica di Alessandria un avviso di conclusione delle indagini preliminari con la contestazione, a vario titolo, dei reati di omessa dichiarazione, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, dichiarazione infedele, riciclaggio e occultamento e distruzione di scritture contabili.
Le indagini, condotte dai militari della Compagnia di Valenza, nella provincia del capoluogo piemontese, fanno ritenere agli investigatori di aver scoperto un complesso meccanismo di frode fiscale, di spoliazione di beni da eventuali procedure di riscossione da parte dello Stato e di conseguente riciclaggio dei proventi illeciti, che sarebbe stato messo in atto, per quattro anni, ovvero dal 2015 al 2019, da società che hanno sede sia ad Alessandria che in Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, Lazio e Principato di Monaco, ma anche in Calabria.
In particolare, i finanzieri avrebbero accertato che due società alessandrine non avrebbero dichiarato redditi per oltre 7,6 milioni di euro e indicato elementi passivi, considerati fittizi, per più di 4,2 milioni.
Successivamente una di queste aziende avrebbe distratto oltre 2,3 milioni di euro “spostandoli” su conti correnti intestati a società fittizie, simulando il pagamento di fatture di acquisto emesse dalle stesse ma in realtà riferite ad operazioni che non sarebbero mai avvenute; un sistema, questo, necessario per rendere inefficace una eventuale azione di recupero erariale da parte dello Stato.
A seguito degli incassi di questi profitti, parte delle somme veniva, poi, riciclata da due indagati, prelevando il denaro in contante così da farne perdere le tracce.
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