Dalle prime ore del giorno la Guardia di Finanza di Crotone sta eseguendo un provvedimento restrittivo di natura personale – emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Procura Distrettuale – nei confronti dieci soggetti ritenuti responsabili di estorsione, usura, riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori, aggravati dalle modalità mafiose.
L’operazione, denominata “Jonica”, è scattata tra i territori di San Leonardo di Cutro e Petilia Policastro, nel crotonese, e Botricello, nel catanzarese.
Gli indagati sono in tutto tredici, di cui sette destinatari di custodia cautelare in carcere; due degli arresti domiciliari; e uno del divieto di dimora sul territorio regionale.
Una delle misure è stata eseguita dai Carabinieri di Sellia Marina, a cui uno degli imprenditori vessati si è rivolto per denunciare i fatti.
Agli arresti di oggi si affianca anche un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di due milioni di euro, finalizzato alla successiva confisca “per sproporzione”, emesso d’urgenza dalla Direzione Distrettuale Antimafia.
In particolare, le fiamme gialle stanno apponendo i sigilli a quattro ditte individuali con sede in provincia di Crotone ed operanti, rispettivamente, nel settore della vendita del caffè, della vendita dei prodotti agroalimentari, dell’edilizia e della distribuzione alimentare, ed ai relativi compendi aziendali; sequestrati inoltre diciannove rapporti bancari; sei beni immobili, di cui un terreno e cinque appartamenti; sei autovetture.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori della Guardia di Finanza, vittime delle estorsioni sarebbero state per lo più imprese che operano nel settore turistico-ricettivo e che lavorano sulla fascia costiera che va da Barco Vecillio nel crotonese, a Sellia Marina, nel catanzarese.
Aziende che, quindi, sarebbero state sottoposte a delle continue vessazione vedendosi imporre tanto il “consueto” pagamento del “pizzo”, quanto la fornitura di materiali, di manodopera o dei servizi di guardiania.
In altri casi sarebbero state soggette all’usura aggravata dal metodo mafioso. In pratica, l’ipotesi è che siano state costrette a restituire, a fronte di un prestito, tassi di interesse del 10% mensile, pari al 120% annuo.
Nei casi in cui non fossero state in grado di pagare il debito, sarebbero state costrette a rimetterlo anche con la dazione di beni materiali.
Una condizione di assoggettamento, poi, che sarebbe stata addirittura “ereditaria”. Le fiamme gialle spiegano infatti che Il “diritto d’usura” sarebbe stato tramandato in capo ai familiari dei soggetti originariamente autori del reato, una volta che quest’ultimi fossero stati colpiti da qualche provvedimento giudiziario.