“Ricominciare a immaginare, pensare, programmare, progettare il presente e il futuro del proprio spazio, della propria città, del proprio territorio significa riappropriarsi di una pratica troppo spesso snaturata, (s)personalizzata, (de)contestualizzata, fatta sprofondare nella burocrazia e allo stesso tempo, un modo per tornare ad essere e a sentirsi gruppo solidale, collettività, comunità”. Ho seguito il dibattito dagli organi di stampa che ha portato all’adozione del Documento Preliminare del PSC. L’impressione è che si sia trattato più di un atto formale che non l’esito ragionato e partecipato di un lavoro in grado di aprire una convinta fase programmatica per questo territorio.
C’è a mio avviso un’evidente (forse anche avvilente) carenza culturale nell’affrontare a Siderno il dibattito su questo tema che, da una parte, conduce inevitabilmente a rinunciare al confronto costruttivo delle idee, dall’altra, a favorire il mancato “coraggio” di riprogettare la città.
Nell’affrontare il nuovo Piano non è matura la consapevolezza di trovarsi in una nuova dimensione, non quella zonizzativa di vecchia memoria PRG ma “strutturale e strategica” per assecondare argomenti come partecipazione, sostenibilità, perequazione, compensazione, premialità, ecc..
Quali sono i problemi dell’attuale assetto urbanistico di Siderno? Come affrontarli?
Quali sono le attese del Piano Comunale Strutturale?
Che cosa significa “consumo zero”?
Quali sono i riflessi di questa decisione politica sul disegno della città?
Qual è l’idea della città futura?
… e mille altri interrogativi non aperti su cui riflettere sensatamente.
Il punto di partenza imprescindibile deve essere una profonda riflessione sulla condizione della città, la sua storia recente, il presente, l’idea di una città in divenire. Riflessioni mancate, ma ancor più opportune dovendo il nuovo PSC ripartire dal PRG per effetto della decisione di aderire al “consumo zero”.
Dopo i lunghi anni nei quali il Piano Regolatore Generale, più nel bene che nel male, ha determinato una sostanziale crescita urbana, oggi, a parere di molti, sembra necessario comprendere due livelli di “disagio” della città: da una parte, la perdita di chiarezza organizzativa-funzionale e morfologica-insediativa che Siderno aveva mantenuto fino alla fine degli anni ’80 e oltre; dall’altra, l’assenza di identità urbana dei “luoghi” via via urbanizzati sia a livello centrale che periferico.
Tale duplice condizione, pur non uniformemente avvertita, si ripercuote pesantemente sulle attività produttive e di servizio, sulle condizioni di sicurezza del territorio e sugli usi quotidiani.
Oggi è caduta l’armatura del territorio su cui faceva riferimento il vecchio PRG e la sua stessa Variante di fine anni ‘90. Sono ormai pressanti nuove problematiche; esistono esigenze pratiche strettamente finalizzate a sciogliere i nodi della vecchia urbanistica dello “zoning”, spesso troppo dirigistica e poco flessibile, non in grado di assecondare “idee mature” e “processi” di sviluppo in fieri. Ci sono i segni della città cresciuta che chiede più attenzione e contributi da parte di tutti gli operatori pubblici e privati. Gli effetti della Strada Jonio-Tirreno non sono più enunciazioni di principio ma riverberi di fenomeni sociali (produttivi, abitativi e terziari) non del tutto ancora affrontati sul disegno urbano dei territori interessati. La recente Variante Anas alla statale 106 riassegna un inedito ruolo alla litoranea esistente che, nel frattempo, si è arricchita di altre funzioni e opere complesse. Si è allungata la traversa urbana della statale la cui percorribilità dal Torbido al Novito richiede soluzioni ai problemi degli attuali accessi veicolari, le “Porte d’ingresso al centro urbano”.
Negli ultimi anni, si sono diffusi i tessuti residenziali dell’entroterra (ormai periferia urbana), anche se, spesso, senza un’adeguata attenzione né alle relazioni di carattere urbano né alla qualità insediativa. La “vivibilità” di queste aree, anche sotto il profilo dell’integrazione sociale e dei rischi geomorfologici può costituire una nuova risorsa nei confronti dell’uso produttivo del territorio (agricoltura, turismo, tempo libero, ecc.) e delle stesse condizioni di “permanenza” che in larga misura è necessario recuperare con la costruzione di un “Atlante delle periferie”.
Non c’è traccia di nulla. Se questa realtà non diviene base di discussione approfondita, pensare a un nuovo “Progetto socio-urbanistico” a Siderno non è solo velleitario, ma oltremodo privo di obiettivo tecnico-politico e ancor di più mai condiviso.
In tal senso occorre evitare gli slogan, sterile esercizio immaginifico, e:
- rapportarsi con attenzione per approfondire l’analisi dei molti episodi, anche contraddittori, che hanno caratterizzato “progetti” e “iniziative”, per evitare rischi di estemporaneità e/o di sola immagine;
- favorire lo sviluppo e la realizzazione di una “città possibile”, non una “città probabile” e, ancor meno, una città fatta di episodi, frutto di poca sensibilità verso il bisogno di maggiore integrazione;
- pensare a nuove idee per la città, piuttosto che a una proposta di solo assetto urbano e territoriale;
- proporre un Piano aperto che dia respiro agli investimenti interni ed esterni, alla partecipazione della comunità e alle proposte provenienti dai diversi attori, con alla base norme certe e semplici.
Il compito è di realizzare un Piano Strutturale in grado di rappresentare molto più che uno strumento di pianificazione urbanistica del territorio di Siderno, dove gli strumenti della partecipazione attiva e della perequazione possano essere decisivi per ridistribuire diversamente il plusvalore delle proprietà coinvolte nelle trasformazioni, intervenendo nelle “regole del gioco”, fornendo in pratica alcuni vantaggi ai privati a fronte di altrettanti (ed anche maggiori) vantaggi pubblici. Questo è un lavoro enorme fatto di capacità organizzative, tecniche e politiche che coinvolge anche le più sane capacità imprenditoriali.
Nello stesso tempo è necessario costruire prima di tutto la fase della cosiddetta “concertazione”: uno stretto rapporto e una vera e propria intesa strategica fra più soggetti istituzionali e le più importanti strutture del sistema socio-economico che fanno riferimento al comparto produttivo, all’artigianato, al turismo, al commercio e alle organizzazioni sindacali, rispetto alle quali il Comune potrà promuovere, attraverso il nuovo strumento urbanistico, un impulso per un rinnovato ciclo di sviluppo sociale e produttivo.
Si tratta di riprogettare la città non per un generico “disegno” ma definendo le strategie per un futuro desiderabile e condiviso, il percorso partecipativo, al momento sterile, condividerli con le risorse territoriali, umane, economiche che lo possono sostenere.
Siderno per le proprie specificità deve di misurarsi con le risorse socio-culturali e tecniche disponibili per:
- Orientare le scelte di governo del territorio e mettere ordine attraverso una proposta complessiva che riguarda la rete infrastrutturale, veicolare e non, che riconosca l’esistenza di un sistema ambientale sano e individui un sistema insediativo sostenibile;
- Promuovere l’identità e la coesione sociale attraverso un sistema di obiettivi strategici compresi e fatti propri dalla collettività;
- Sviluppare le risorse turistiche, ricettive e dell’accoglienza;
- Costruire indirizzi urbanistici tesi a razionalizzare e riqualificare i fenomeni di dispersione insediativa nelle aree interne allo scopo di costruire un diverso assetto basato su un policentrismo più netto;
- Valorizzare il ruolo del capoluogo per le sue attività e le relazioni di livello superiore;
- Affrontare le tematiche ambientali a partire dagli aspetti di particolare fragilità del territorio e del dissesto idrogeologico;
- Proporre strategie e nuove progettualità per affrontare le situazioni di rischio e crisi ambientale e riconoscere la necessità di valorizzare e tutelare i luoghi di maggior valenza naturalistica e paesaggistica (parchi naturali, corridoi fluviali, riserve botaniche, aree di riequilibrio ecologico, progetti di valorizzazione ambientale, ecc.);
- Razionalizzare la diffusione insediativa e l’evidente monocentrismo del capoluogo ed affrontare il problema rappresentato dalla necessità di garantire un’agevole accessibilità al territorio ed alle strutture di maggiore peso occupazionale;
- Definire il sistema delle relazioni, le reti dei servizi, le infrastrutture per la mobilità, per una nuova qualità della vita e sicurezza degli abitanti e degli ospiti;
- Individuare azioni per la tutela delle risorse, il risparmio energetico, la rigenerazione urbana, la qualità ecologica, la riduzione dei fattori di rischio.
Nel complesso si dovranno favorire condizioni di sviluppo e competitività del sistema produttivo locale rispetto ai contesti più ampi, come presupposti per rilanciare il settore edilizio attraverso la proposizione di “progetti urbani” che, oltre a rendere possibile un consistente movimento dell’edilizia, consentiranno all’Amministrazione Comunale di contare sull’operato dei privati anche in fatto di realizzazione di interventi pubblici. Una sorta di Premialità a fronte di aree per servizi ceduti gratuitamente al comune.
Procedere alla rifunzionalizzazione della Città, nelle relazioni tra le parti e nell’accesso alle attrezzature, riequilibrando il rapporto fra domanda e dotazioni, improntato a principi di equità sociale, oggi più facilmente raggiungibili attraverso l’istituto della predetta “perequazione urbanistica”, sarà un primo importante (e al contempo inevitabile) passo dell’attività urbanistica del prossimo futuro.
A Siderno, infine, l’azione di un nuovo modo di concepire la concertazione urbanistica, potrà favorire nel medio periodo l’integrazione strategico-funzionale dei diversi interventi, con richiamo diretto alle risorse Comunitarie non mediate dalla Regione. E’ necessario però adoperarsi affinché le iniziative sul territorio non siano concepite in maniera disgiunta e fine a se stesse, ma far sì che rivestano un significato efficace, di riverbero ai fini del conseguimento degli obiettivi di crescita. E’ il “fare” urbanistica che richiede un lavoro costante, assiduo e qualificato al di là delle contingenze del PIANO.
Una classe dirigente che sia in grado di ascoltare e assecondare idee mature e processi di autentico sviluppo è l’augurio più vero con il quale mi sento di chiudere questo contributo.
Nando Errigo – luglio 2017