Esiste una leggenda che ammanta il testo del canto XXI del Paradiso di un fitto mistero : essa ha la sua origine ne Trattatello in laude di Dante , scritto da Giovanni Boccaccio tra il 1357 e il 1361. Nel capitolo XXVI l’autore del Decameron narra che Jacopo e Pietro . figli di Dante , fossero disperati per il fatto che non riuscivano a trovare il manoscritto del canto XXI del Paradiso e degli ultimi dodici canti della terza cantica. Essi erano ormai decisi a riscriverli, allorquando Jacopo ebbe un sogno una mirabile visione: Dante apparve, in veste di beato , al figlio indicandogli dove fossero nascosti i testi mancanti . Avvalendosi delle indicazioni del padre , Jacopo ritrovò i 13 canti mancanti e li inviò a Cangrande della Scala , dedicatario della cantica del Paradiso , che potè cosi essere ricomposta. Noi non sappiamo quanto fondamento di verità abbia questa leggenda.
Di certo. è singolare che il ritrovamento del manoscritto perduto avvenga in seguito ad una mirabile, ma concreta visione ,come visione concreta e reale è tutta l’avventura del viaggio stesso dantesco. Non va, inoltre, dimenticato che ultimi 13 canti del Paradiso furono scritti da Dante a Ravenna , nel cuore della Romagna , dove era giunto nel 1316 . Una terra , ormai piena di ricche e potenti famiglie signorili , che egli vedeva molto diversa da come era una volta , quando era la patria di santi , coma Pietro Damiano , grande fustigatore della corruzione ecclesiastica.
Dante forse-ha ipotizzato Marco Venturini _ si rese conto della carica esplosiva di questa ultima parte del poema ; perciò potrebbe averli tenuti nascosti prima di renderli di pubblica ragione.
Vincenzo Bruzzaniti.