__)Ambiguo e sconcertante è il celeberrimo verso centrale del canto.  “poscia più che il dolor potè  il digiuno”(v.75) Non si capisce bene, infatti , se la fame sopraffece fino alla morte Ugolino oppure se la fame ebbe la meglio sul dolore e spinse il conte a cibarsi della carne dei suoi figli. Oggi la scienza che si è occupata del caso di presunto cannibalismo di Ugolino sembra assolvere il conte, Nel 2002, infatti , è stata effettuata una perizia scientifica dall’antropologo Francesco Mallegni, che ha analizzato quelli che vengono considerati i resti dei corpi di Ugolino e dei suoi quattro familiari .Le analisi del DNA delle ossa hanno confermato che si trattava di cinque persone di tre generazioni diverse della stessa famiglia ( dunque , presumibilmente , padre , figli e nipoti), Le conclusioni della perizia hanno scartato l’ipotesi di cannibalismo da parte della persona più anziana nei confronti del corpo di almeno uno degli altri quattro più giovani. Infatti lo studio scientifico , effettuato sulle costole del presunto scheletro di Ugolino ,ha evidenziato tracce di magnesio ma non di zinco , che si sarebbe invece dovuto trovare nel caso in cui egli si fosse cibato di carne nel periodo immediatamente precedente la morte. La questione resta però insoluta.
Forse è nel vero Francesco De Sanctis , che, in una pagina giustamente celebre , cosi sintetizza la tragica complessità di questo verso :” verso letteralmente chiarissimo e che suona più che non potè  fare il dolore fece la fame . IL dolore non potè  ucciderlo,  lo uccise la fame . Ma il verso è fitto di tenebre per la folla dei sentimenti e delle immagini che suscita . Forse invoca la morte e si lamenta che il dolore non basta ad ucciderlo e deve attendere la morte lenta della fame .E’ un sentimento di disperazione .Forse non cessa di chiamare i figli se non quando la fame più potente del dolore gli toglie la forza , mancatagli prima la vista e poi la voce. E’ un sentimento di tenerezza . Forse mentre la natura spinge i denti nelle misere carni , in quest’ultimo delirio della fame e della vendetta quelle sono nell’immaginazione le carni del suo nemico , e Dante ha realizzato il delirio nell’Inferno , perpetuando quest’ultimo atto e quest’ultimo pensiero , E’ un sentimento di furore canino . Tutto questo è possibile , tutto può essere concepito . pensato, immaginato”.
Prof Vincenzo Bruzzaniti