È stato eseguito per la prima volta in Italia un intervento percutaneo di impianto di valvola biologica “MyVal” in posizione mitralica su una paziente ultraottantenne affetta da steno-insufficienza mitralica, inoperabile con tecnica tradizionale in quanto molto fragile e con un anello valvolare mitralico molto calcifico. L’innovativo intervento è stato eseguito in approccio ibrido con guida trans-femorale e supporto trans-apicale, dalle équipe di cardiochirurgia ed emodinamica dell’Anthea Hospital GVM Care & Research di Bari, Ospedale di Alta Specialità accreditato con il Servizio Sanitario Nazionale.
La paziente, una donna di 82 anni già sottoposta in passato a multipli interventi di chirurgia cardiaca, presentava un quadro clinico complesso anche a causa di una calcificazione della valvola mitralica nativa e di tutto l’apparato anulare attorno alla valvola, tale da rendere proibitivo un intervento con approccio standard. Il prof. Giuseppe Nasso, originario di Polistena (RC) e responsabile della Cardiochirurgia di Anthea Hospital di Bari, e il dott. Gaetano Contegiacomo, responsabile dell’U.O. di Emodinamica e Cardiologia interventistica della struttura barese, con il supporto del prof. Giuseppe Speziale, Direttore del Dipartimento Cardiovascolare di Anthea Hospital e Vice Presidente di GVM Care & Research, hanno riunito l’heart team per discutere il caso estremamente complesso e, insieme, studiare una strategia chirurgica combinata che consentisse di restituire alla paziente la sua vita. La soluzione individuata rappresentava una via ancora mai percorsa in Italia: l’impianto di una bio-protesi MyVal di diametro molto grande tramite approccio ibrido, costruendo una via di navigazione sicura per posizionare la valvola, riducendo così al minimo l’esposizione al trauma chirurgico e i rischi connessi all’intervento.
“La procedura standard di sostituzione della valvola mitralica può essere percutanea con accesso trans-femorale, ovvero attraverso la vena femorale, o trans-apicale, ovvero con un’incisione del torace di 4-5 centimetri, praticata a livello dello spazio intercostale – spiega il prof. Giuseppe Nasso -. Nel caso specifico della paziente entrambi gli approcci se utilizzati in maniera isolata avrebbero comportato un elevato rischio di complicanze: la via trans-apicale da sola, infatti, risultava troppo invasiva (per il diametro ampio della nuova protesi) mentre l’approccio trans-femorale troppo poco stabile, con il rischio che la valvola biologica aprendosi si disallineasse all’interno del ventricolo. Abbiamo quindi studiato una procedura percutanea con ultra mini-toracotomia (un taglio estremamente ridotto sul torace) per raggiungere l’apice del ventricolo sinistro in cui è stata introdotta una guida molto sottile. Successivamente, è stata fatta passare una seconda guida dalla vena femorale che è stata poi unita alla prima attraverso un “cappio” creando così una vera e propria “teleferica” con partenza dalla vena femorale e uscita dall’apice del ventricolo sinistro. Su tale teleferica la valvola biologica “balloon expandable” ha potuto viaggiare, entrando dalla vena femorale sino a raggiungere l’anello mitralico, su cui è stata posizionata ripristinandone il corretto funzionamento”.
MyVal è una valvola cardiaca transcatetere di nuova generazione espandibile tramite palloncino, che grazie alle dimensioni ridotte delle cannule, alla maggiore precisione dell’impianto e alla sua maneggevolezza consente una migliore manovrabilità attraverso arterie di calibro ridotto e un dispiegamento preciso. Queste caratteristiche, combinate con una strategia chirurgica mai impiegata prima in Italia, hanno consentito di poter intervenire sulla paziente efficacemente e in sicurezza.
“L’intervento, eseguito senza il supporto della macchina cuore-polmoni e con blanda anestesia, richiede il massimo della competenza chirurgica ed emodinamica, sia in fase di studio della strategia chirurgica sia in sala operatoria – spiega il dott. Gaetano Contegiacomo -, perché si tratta di procedure estremamente complesse che richiedono la perfetta sintonia di diversi specialisti, nel caso specifico il cardiochirurgo e il cardiologo interventista, e che vanno condotte con il minor livello di invasività possibile, ma che nel contempo consentono minor rischio di provocare disturbi del ritmo cardiaco, tempi di recupero molto brevi e la possibilità di estendere il trattamento a pazienti sinora considerati inoperabili”.
Dopo l’intervento la paziente è stata estubata sul tavolo di emodinamica e trasferita in terapia subintensiva, sottoposta a terapia farmacologica e dimessa in 5 giorni.
“La scienza avanza velocemente e ci mette a disposizione strumenti sempre più innovativi e performanti per fornire risposte ai bisogni dei pazienti. Il nuovo paradigma della medicina punta non solo a risolvere i disturbi di cui essi soffrono, ma anche a garantire una qualità di vita dopo l’intervento – spiega il prof. Giuseppe Speziale -. A fare la differenza, però, è come questi strumenti vengono utilizzati: è fondamentale affidarsi a centri ad alto volume, abituati a trattare casi complessi e a trovare soluzioni innovative come quella attuata dal prof. Nasso e dal dott. Contegiacomo, che partendo da uno strumento straordinario come la MyVal hanno avuto la capacità di andare oltre gli standard e immaginare soluzioni e impieghi personalizzati, che hanno restituito la paziente alla sua vita”.
L’insufficienza mitralica
L’insufficienza mitralica è la valvulopatia più comune nei paesi occidentali: si stima che circa il 10-15% dei soggetti ultra 75enni presenti una insufficienza mitralica di grado moderato-severo. L’insufficienza mitralica è una patologia caratterizzata dalla non completa chiusura della valvola mitrale che determina il ritorno nell’atrio sinistro di parte del sangue che il cuore pompa nel corpo. Se non adeguatamente curata, l’insufficienza mitralica comporta nel tempo un aumento della pressione polmonare, una dilatazione del cuore e una riduzione della sua funzione.
Quando non si ha una corretta apertura della valvola, dovuta a patologie specifiche o a calcificazione della stessa, con conseguente difficoltà di passaggio del flusso sanguigno si parla di stenosi mitralica. Questa condizione fa sì che l’atrio sinistro nel ventricolo non riesca a svuotarsi completamente, con conseguente aumento di pressione nelle vene polmonari e un ristagno di sangue nei polmoni.
In entrambi i casi, si tende a prediligere la riparazione piuttosto che la sostituzione della valvola danneggiata, in quanto associata a una riduzione del rischio di potenziali infezioni come l’endocardite, a una migliore ripresa delle funzioni cardiache e a una qualità di vita superiore per il paziente. Ma quando questo non è possibile, si cerca di intervenire con approcci mininvasivi transcatetere, che non richiedono taglio chirurgico. Anche la scelta della protesi, che può essere biologica o meccanica, deve essere studiata attentamente in base all’età e allo stile di vita del paziente: le protesi meccaniche hanno una durata maggiore, ma richiedono una terapia anticoagulante; le protesi biologiche, derivate da tessuti animali, invece, non richiedono terapia anticoagulante, ma hanno una vita più limitata nel tempo e, dunque, potrebbero richiede la programmazione di una sostituzione nei pazienti più giovani.
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