“Tremila file, tra video e foto, a contenuto pedopornografico, nel computer di un uomo, fanno di esso un complice del mercato più turpe e criminale della storia contemporanea, il cui indotto a livello mondiale potrebbe far impallidire il bilancio di una multinazionale, tanto incalcolabile é. Un mercato che vede coinvolti anche bambini in tenera età e che non può passare inosservato all’opinione pubblica, anzi deve accompagnare e fortificare l’azione investigativa e giudiziaria con i sentimenti di uno stigma sociale fortemente sentito dalla comunità”: è quanto dichiara il sociologo Antonio Marziale, Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Calabria, in merito all’arresto di un commerciante di Reggio Calabria per detenzione di materiale pedopornografico.
“Il tizio – continua il Garante – stando alle informazioni dateci dagli investigatori, deteneva un vero e proprio archivio pedopornografico, indice di un’attrazione morbosa, certamente malata, ma non per questo giustificabile ai fini processuali, laddove certamente si farà di tutto per dimostrare che il soggetto è parafilico, ossia affetto da disturbi della sfera psico-sessuale. Se questo è vero, allora si commini il massimo della pena con l’ingiunzione di curarsi, ma dentro il carcere. Al cospetto di un crimine contro l’umanità debole e indifesa è tempo che comincino a crollare tutti questi espedienti, che finiscono per garantire impunità ai delinquenti e ingiustizia alle vittime”.
“Basta davvero con la tolleranza – afferma Marziale – e basta con il considerare bambini e adolescenti come “più grandi”, distorsione che avviluppa finanche i genitori talvolta, i quali non si rendono conto che con il tentativo di adultizzare precocemente l’infanzia si finisce inconsciamente per incoraggiare e agevolare l’azione quotidiana di criminali che guardano ai nostri figli minorenni come volano per la soddisfazione di pulsioni sessuali criminali”.
“Il mio ringraziamento più sincero – conclude Il Garante – alla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, al procuratore Giovanni Bombardieri ed ai suoi magistrati inquirenti, ed alla Polizia delle Comunicazioni reggina, guidata dal dirigente Vincenzo Cimino, ed ai suoi operatori di qualsiasi ordine e grado, impegnati quotidianamente nel contrasto di quanti, sul web, sono dediti alla condivisione e dunque divulgazione di un reato che grida vendetta al cospetto finanche di Dio, spesso perpetrato da persone insospettabili e magari rispettatissime nelle nostre città, alle quali è bene togliere la maschera e gettarli nell’arena della disistima e della vergogna senza confini”.
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