Otto persone sono finite in carcere mentre contestualmente si procedeva al sequestro di beni per circa un milione e mezzo di euro. Questi in sintesi i numeri dell’operazione portata a termine stamani dalla Guardia di Finanza di Palermo e coordinata dalla Dda del capoluogo siciliano, che ha anche delegato una serie di perquisizioni nelle abitazioni e altri luoghi nella disponibilità degli indagati.

Le accuse contestate sono a vario titolo quelle di associazione finalizzata al traffico illecito di droga e di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope.

Le indagini si sono concentrate sulla figura di un narcotrafficante palermitano che, intrattenendo rapporti d’affari con alcuni referenti di spicco della criminalità organizzata calabrese, attivi nella zona della Locride e della piana di Gioia Tauro, avrebbe importato ingenti quantitativi di cocaina dalla Calabria.

A rendere ancor più insidioso il contesto, l’utilizzo da parte degli indagati di dispositivi criptati per schermarsi da possibili intercettazioni.

Accorgimenti che, però, non sono stati sufficienti a bloccare gli investigatori ritengono oggi di esser riusciti comunque ad accertare l’esistenza di un accordo per una fornitura mensile di almeno 15 kg di cocaina, destinata al mercato palermitano, che avrebbe generato per l’organizzazione un giro d’affari stimabile in circa dieci milioni di euro all’anno.

In particolare, la droga sarebbe stata trasportata su strada lungo la tratta Reggio Calabria-Messina-Palermo, abilmente nascosta all’interno di sofisticati doppi fondi meccanici ricavati nelle auto, spesso noleggiate, e condotte da corrieri avvicendati pressoché ogni mese.

La “roba”, una volta giunta a Palermo, sarebbe stata poi stoccata all’interno dell’abitazione del presunto promotore dell’organizzazione o in quella del nipote, per essere successivamente suddivisa in quantitativi minori e rivenduta sulle piazze di spaccio cittadine.

Nel corso delle investigazioni, inoltre, sono stati effettuati numerosi interventi che, da un lato hanno portato all’arresto di diversi corrieri e al sequestro di circa 100 kg di stupefacente e, dall’altro, hanno consentito di ricostruire e monitorare l’intero circuito economico destinato al pagamento e al finanziamento dei carichi di droga.

In base agli elementi acquisiti è stato infatti possibile documentare la consegna di un’ingente somma di denaro in contante ai corrieri calabresi, circa 600 mila euro, subito sequestrata.

Dal punto di vista chiave patrimoniale, poi, si è anche constatata un’assoluta sproporzione tra i beni nella disponibilità degli indagati e la loro capacità reddituale, da qui la richiesta dell’applicazione di misure cautelari reali.

Pertanto, con lo stesso provvedimento il Gip ha disposto il sequestro preventivo di beni mobili e immobili riconducibili ai coinvolti nell’inchiesta.

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