I Mostaccioli di Soriano Calabro (VV) sono conosciuti in tutta Italia. Parliamo di dolcetti tipici a base di farina, miele e mosto di vino, da cui probabilmente prendono il loro nome. Nome che muta a seconda delle aree di produzione (mustazzolu o mastazzolu).

Esiste una leggenda ancora oggi diffusa sulla loro ricetta originaria; si dice che un monaco certosino proveniente dal monastero di Serra San Bruno abbia portato questa ricetta al monastero dei domenicani presente a Soriano Calabro. La ricetta venne poi tramandata alla gente del paese, che ne creò un vero e proprio prodotto caratteristico.
I mostaccioli, sono biscotti fatti sostanzialmente da ingredienti naturali e facili da trovare. Occorrono infatti, una parte di acqua, tre di miele e farina quanto basta, i più golosi aggiungono un bicchierino di mosto cotto o di liquore all’anice.
Gli ingredienti vanno impastati fino ad ottenere un composto ben amalgamato che dovrà riposare per una notte intera. Il giorno successivo, prima di stendere la frolla, aggiungendo un po’ di farina si avrà la giusta consistenza per la lavorazione. Una volta stesa, fino ad ottenere uno strato di circa 1.5 centimetri, si potrà dare la forma desiderata. Infine, bisogna posizionare i biscotti in una teglia unta con dello strutto e cuocere ad una temperatura di 180 gradi per circa una ventina di minuti.
I maestri dolciari “i mostazzolari” modellano tutt’ora il composto a mano, creando vere e proprie opere d’arte. Le forme caratteristiche del mostacciolo sono la lettera “S”, il Cavalcante, il Gallo, il pesce, il cuore, ma non c’è mai limite alla fantasia del “mostazzolaro” che abbellisce e impreziosisce il dolce con intagli e pezzi di carta stagnola colorata, prevalentemente rossa e verde.
Prodotto immancabile nei mercati e nelle fiere di Soriano, rappresenta una vera e propria fonte di reddito per molte famiglie del paese.
Il mostacciolo ha assunto con l’andare del tempo una funzione quasi religiosa e votiva, infatti, i credenti chiedono ai mostazzolari, in occasione del santo patrono o per altre feste religiose del paese, “u vutu”, ovvero, un mostacciolo a forma di una parte anatomica del corpo, come ex-voto al Santo, per chiedere la guarigione della parte interessata. Viene poi messo in esposizione nella chiesa del Santo in questione, nella quale viene organizzata un’asta chiamata “i ncanti”, in italiano gli incanti” e riacquistato dai fedeli che vi partecipano. Il dono pecuniario va dunque alla chiesa. Quello religioso è solo uno degli aspetti per il quale viene usato il mostacciolo. Un tempo, un mostacciolo a forma di cuore era una vera e propria dichiarazione d’amore, “lo zito” lo portava a casa della “zita” per dichiararsi

 

Fonte : Katerina Riverso Alba Calabra