Intimidazioni per controllare il mercato locale, soprattutto quello ortofrutticolo, ma anche quello della pesca, soprattutto nei porti di Cirò Marina e Cariati.
Una “struttura” ben organizzata, che avrebbe subordinato a se anche gruppi attivi fuori dai propri confini territoriali, spingendosi invero fino alla vicina Strongoli, con la ‘ndrina Giglio, ma allargandosi anche fin nella provincia cosentina, con le locali lì attive di Cariati e Mandatoriccio.
È quanto viene fuori dalle carte dell’inchiesta Ultimo Atto, scattata stamani nel crotonese e che ha fatto finire in carcere 26 persone, mentre altre cinque sono state poste ai domiciliari : tutte sono a vario titolo accusate di far parte della cosiddetta “locale” di Cirò Marina e la Dda di Catanzaro gli contesta l’associazione mafiosa così come l’estorsione e reati in materia di armi.
Le indagini che hanno portato stamani al maxi blitz (150 gli uomini dell’Arma impegnati) si sviluppano dal giugno del 2019 e costituiscono la naturale prosecuzione dell’attività sfociata nella nota operazione “Stige” , del gennaio 2018 e gli inquirenti ritengono oggi e dunque di aver raccolto una serie di indizi sulle dinamiche criminali della stessa Locale.
In particolare si sono puntati i riflettori sulla sua “spiccata resilienza e sulla sua capacità di ricompattarsi dopo il duro colpo subito nel 2018”, che per niente sconfitta avrebbe invece mantenuto la sua operatività.
Da qui gli investigatori sono arrivati a delinearne anche l’attuale organigramma, dove si ritiene siano inseriti tanto i “veterani” quanto le “nuove leve” del panorama criminale locale, che hanno potuto avvalersi, anche, di familiari o conviventi di altri soggetti già detenuti dopo esser stati coinvolti in altre operazioni di polizia.
Un altro spaccato ricostruito è quello dell’interessamento dei presunti affiliati più rappresentativi, su richiesta delle vittime di furti o di altri reati, per farli rientrare in possesso dei loro beni o avere “giustizia”, quasi sempre omettendo di denunciare l’accaduto oppure facendolo solo se costretti, per esempio nel caso di furti o di danneggiamenti di beni assicurati o di beni mobili registrati per i quali la denuncia, appunto, era inevitabile.
LE NOZZE DELLA FIGLIA DEL BOSS
Gli inquirenti hanno, ancora, “fotografato” la capacità di controllo del territorio attraverso la forza intimidatrice, come dimostrerebbero numerosi episodi estorsivi ai danni delle attività imprenditoriali e commerciali, con il chiaro intento di monopolizzare, sotto il profilo economico, interi settori commerciali, con l’apertura di nuove realtà economiche gestite dagli affiliati, da loro familiari o da altri prestanome.
La Locale sarebbe stata infatti capace di alterare la libera concorrenza – anche violentemente, usando l’arma dell’oppressione e dell’intimidazione – di settori economici come quello dell’ortofrutta.
Si è poi scoperta, anche in questo caso, l’esistenza di una cosiddetta “bacinella” a cui si attingeva per pagare gli stipendi agli affiliati, per sostenere economicamente le famiglie dei detenuti e pagarne le relative spese legali, finanche per garantire economicamente lo svolgimento delle nozze della figlia del capo della Locale cirotana.
Il gruppo, inoltre, avrebbe avuto la disponibilità di armi da sparo, anche da guerra, in parte sequestrate, ed avrebbe mantenuto e rapporti e cointeressenze con affiliati della cellula criminale attiva invece all’estero, in particolare in Germania.
IL CONTROLLO DEI PORTI
Da quanto ricostruito, poi, e come accennavamo, si è scoperto un controllo sui porti di Cirò Marina e di Cariati avvenuto tramite atti di concorrenza compiuti con minacce esplicite e implicite (queste ultime derivanti dalla notoria appartenenza alle famiglie ‘ndranghetistiche cirotane).
Così si sarebbe ottenuto il monopolio dell’intera filiera del pescato all’interno dei due porti, dove i pescatori sarebbero stati costretti a consegnare loro il pescato fresco ed a prezzi imposti; così come a pescare solo le tipologie di pesce decise, tralasciando le altre; o ad utilizzare i magazzini per lo stoccaggio del pescato e le attrezzature per la pesca (esche in special modo), da loro esclusivamente messi a disposizione e consegnati.
Inoltre, i titolari delle pescherie sia di Cirò che di Cirò Marina sarebbero stati obbligati a ricevere e ad acquistare il pesce esclusivamente da loro ed a prezzi di rivendita decisi dagli medesimi.
Tutti gli elementi raccolti si sono basati su intercettazioni telefoniche e ambientali, sulle denunce delle vittime, oltre che su riscontri ottenuti con attività di osservazione e pedinamento.
L’OPERAZIONE
L’operazione è stata condotta dai carabinieri del Comando Provinciale di Crotone, che hanno eseguito anche delle perquisizioni personali e domiciliari. L’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere è stata emessa dal Gip del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia.
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