Sono complessivamente 38 gli indagati coinvolti nell’operazione eseguita questa mattina tra Catanzaro e Cosenza. Un vero e proprio terremoto che ha come epicentro la casa circondariale “Ugo Caridi” di Catanzaro, meglio nota come carcere di Siano, all’interno del quale gli inquirenti hanno scoperto due presunti gruppi criminali dediti, sostanzialmente, al controllo della struttura.

Questi i dettagli emersi dall’articolata indagine interforze svolta da Carabinieri e Polizia Penitenziaria che questa mattina si è cobcretizzata con 26 arresti ,16 in carcere e 10 ai domiciliari .

LE ATTIVITÀ SUDDIVISE TRA DUE GRUPPI

Sostanzialmente, le indagini avrebbero permesso di identificare due distinti gruppi criminali con compiti separati, operanti all’interno del carcere. Il primo si sarebbe occupato esclusivamente dello spaccio di stupefacenti, come marijuana, hashish e cocaina, mentre il secondo avrebbe gestito l’introduzione e la vendita di cellulari e sim card.

Attività che non passavano di certo inosservate, e che anzi – e secondo gli inquirenti – avrebbero coinvolto almeno un operatore della Polizia Penitenziaria ed un avvocato.

Un “sistema” che sarebbe stato tollerato, secondo l’accusa, anche da uno dei direttori della struttura penitenziaria, al fine di “ingraziarsi” i detenuti ed evitare problemi nella gestione del carcere, evitando così anche dei pregiudizi di carriera. Circostanza resa possibile anche grazie alla compiacenza di un funzionario della Polizia Penitenziaria lì in servizio.

I MANCATI CONTROLLI IN CAMBIO DI PROMESSE

Come se ciò non bastasse, ad aggravare il quadro della situazione il fatto che – come riscontrato in fase di indagine – almeno un altro operatore della Penitenziaria avrebbe volutamente omesso di controllare la merce in ingresso nel carcere, in cambio di compensi economici o promesse di pagamento.

La tesi è che l’operatore abbia permesso di portare dentro pacchi contenenti merce e beni vietati in particolar modo a soggetti – conoscenti e familiari – vicini alle famiglie ed ai clan della criminalità organizzata siciliana e campana, motivo per il quale è stato contestato anche il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Emersi inoltre ulteriori casi, riguardanti differenti operatori della Polizia Penitenziaria che avrebbero permesso l’ingresso di pacchi dopo essersi appropriati di alcuni prodotti alimentari contenuti all’interno.

UN SISTEMA DI CARTE PREPAGATE

L’intero sistema di compravendita sarebbe stato gestito tramite una particolare rete di carte prepagate, utilizzate da alcuni degli indagati per ricevere il denaro ottenuto dalla vendita dei cellulari e delle sim all’interno del carcere.

L’attività sarebbe stata stata possibile per il tramite di una tabaccheria ed un negozio di telefonia gestiti entrambi da un imprenditore cosentino, a sua volta considerato far parte del sodalizio criminale, e che avrebbe garantito l’intestazione fittizia delle schede sim a soggetti estranei, in modo da non far risultare alcun nominativo.

LE ACCUSE CONTESTATE

Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e all’accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti, concorso esterno in tali associazioni, nonchè istigazione alla corruzione, corruzione anche con l’aggravante mafiosa, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, procurata evasione, falso e truffa ai danni dello Stato.

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