Un imprenditore di Petilia Policastro ed un suo familiare sono finti agli arresti domiciliari essendo ritenuti responsabili della bancarotta di una società per la lavorazione e il commercio del legno.
Secondo gli inquirenti l’azienda sarebbe stata portata al dissesto dopo aver accumulato debiti erariali per tre milioni di euro, e sottratto risorse finanziarie per circa 400 mila euro, oltre ad aver distratto i beni trasferendoli a due nuove società costituite ad hoc nel 2013 e nel 2017.
Ad eseguire la misura sono stati i finanzieri di Crotone che hanno anche sequestrato le quote societarie ed i beni mobili e immobili delle due new company, anch’esse con sede a Petilia e attive nello stesso settore commerciale della fallita, in quanto sono ritenute “lo strumento attraverso il quale il citato imprenditore ha potuto proseguire indisturbato la propria attività”, affermano gli investigatori
L’ipotesi della Procura pitagorica, che ha coordinato le indagini, è quindi che l’imprenditore, con la collaborazione della sorella e della madre, alle quali avrebbe affidato la rappresentanza delle nuove società, ma che di fatto avrebbe continuato a gestire in prima persona, nella fase immediatamente antecedente al fallimento ed per eludere gli effetti della procedura concorsuale abbia nascosto la documentazione contabile della fallita.
Inoltre, avrebbe distratto – attraverso la disposizione di bonifici, pagamenti con carta di credito, prelevamenti di contante e cessioni fittizie – circa quattrocentomila euro dalle casse sociali, oltre che beni aziendali per un valore di quasi trecentocinquanta mila euro, trasferiti nella società costituita nel 2013.
Sempre secondo gli investigatori, poi, avrebbe adottato uno schema simile anche nella gestione di quest’ultima società, nel frattempo sottoposta a liquidazione giudiziale, che dopo aver accumulato ingenti debiti, per oltre un milione e duecento mila euro nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, dell’Inps e dell’Inail, sarebbe stata svuotata con la cessione di beni aziendali, forza lavoro e dell’avviamento, questa volta a favore dell’ultima società attivata.
I beni aziendali sequestrati e la gestione della società ancora attiva sono stati affidati ad un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di Crotone affinché possa garantirne la continuità preservando i diritti dei lavoratori dipendenti, dei clienti e dei fornitori. Anche l’ulteriore familiare coinvolto è stato deferito per le stesse ipotesi di reato
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