Una cosca di ‘ndrangheta sarebbe stata in contatto con capi e sodali dei clan dei vicini territori di Rocca di Neto, Petilia Policastro, Cirò, Cirò Marina e della frazione Papanice di Crotone.

Rapporti che avrebbero avuto lo scopo di mantenere, nell’area di competenza, gli affari connessi allo spaccio di stupefacenti e ad altre attività criminali in grado di assicurare importanti risorse economiche, anche necessarie per alimentare la cosiddetta “bacinella”, dedicata, tra l’altro, a soddisfare i bisogni degli appartenenti alla cosca, così come dei detenuti e delle loro famiglie.

È quanto emerge dall’inchiesta Nemesis, che stamani ha fatto scattare le manette ai polsi di dieci persone (otto in carcere e due ai domiciliari), accusate a vario di titolo di associazione a delinquere, scambio elettorale, concorso esterno, ma anche furto aggravato: il tutto con modalità mafiose.

La complessa e impegnativa attività investigativa, eseguita dai carabinieri sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, ha interessato un arco temporale ampio e si è sviluppata prevalentemente attraverso intercettazioni, oltre che con riscontri connessi allo sviluppo delle attività di osservazione e pedinamento.

Gli esiti hanno portato gli inquirenti, dunque, a delineare l’attuale operatività della ‘ndrina di Casabona e di rilevare i suoi interessi criminali anche in seno alla realtà politica e imprenditoriale del territorio.

L’indagine, poi, metterebbe in luce le modalità operative della cosca per proteggere le proprie attività illecite da possibili controlli da parte delle Forze dell’Ordine; per tutelare i propri interessi avrebbe anche controllato e condizionato la vendita all’asta di beni collocati sul territorio di propria influenza.

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