GIOIOSA IONICA – A giudicare dalla grande partecipazione di pubblico accorso ieri pomeriggio all’auditorium comunale di Gioiosa Ionica, sono in molti a non tollerare le “cose storte” che non piacevano al compianto capitano di corvetta Natale De Grazia, scomparso in circostanze tuttora misteriose il 12 dicembre del 1995, quando insieme ai carabinieri Moschitta e Francaviglia era partito in missione per indagare sul traffico delle “navi dei veleni” e delle “navi a perdere” che trasportavano clandestinamente scorie radioattive in giro per i mari del mondo.

Proprio così. Il nuovo saggio del dottorando di ricerca all’università di Milano Andrea Carnì intitolato “Cose Storte” (2018, Falco editore) ha ricosso grande interesse e partecipazione, in occasione dell’incontro organizzato insieme allo spazio culturale “MAG. La ladra di libri” di Siderno e col patrocinio dell’amministrazione comunale di Gioiosa Ionica.

Davanti al folto pubblico, il direttore di Lente Locale Gianluca Albanese ha introdotto l’autore, che ha inteso dedicare la serata al compianto magistrato Bruno Giordano, che condusse le indagini sulle navi affondate al largo delle coste del Cosentino, anche sulla scorta delle rivelazioni del pentito di ‘ndrangheta Francesco Fonti, che invece non furono ritenute credibili dall’allora ministro all’Ambiente del governo Berlusconi Stefania Prestigiacomo e dall’allora procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso.

Carnì ha parlato del suo libro, che ripercorre i dati delle inchieste attorno alle “navi a perdere”, attraverso la declassificazione della documentazione risultante da quello che il docente all’Università di Pisa Alberto Vannucci ha definito “l’archivio mare nero”, sulla scorta dei documenti parzialmente decresetati da parte della commissione parlamentare ad hoc.

Particolarmente apprezzata, nel corso dell’incontro di ieri, la partecipazione del giornalista del Quotidiano del Sud Michele Albanese, esperto di ‘ndrangheta e traffici illeciti, che ha evidenziato la necessità di ulteriori scoperte e indagini su un fenomeno che ha colpito anche la nostra regione, visti i più volte richiamati interramenti di fusti di rifiuti tossici in tutto il territorio provinciale, e del magistrato Francesco Neri, a capo del pool investigativo di cui faceva parte il capitano De Grazia, che non si è limitato a ribadire il contributo tecnico offerto nel libro di Carnì, relativo all’inserimento nel codice penale dei reati ambientali, ma ha offerto un’accorata testimonianza su quegli anni, non esitando a parlare di “avvelenamento” a proposito della morte di De Grazia, che invece a suo tempo fu derubricata a “morte improvvisa dell’adulto” per cause naturali. Neri ha aggiunto, tra l’altro, che “Purtroppo, il metodo più efficace per delegittimare un magistrato è ricorrere al principio di competenza, trasferendo le indagini ad altri e togliendole a chi aveva condotto il suo lavoro con pazienza e dedizione”.

Il libro di Carnì si avvale altresì dei contributi del presidente di Legambiente Calabria Nuccio Barillà, dei già citati Neri e Vannucci, e del giornalista e scrittore Maurizio Torrealta, collega dei compianti Ilaria Alpi e Milan Hrovatin, uccisi in Somalia mentre indagavano sui traffici di scorie radioattive nel Paese africano.

L’attore Francesco D’Aquino ha arricchito la serata col reading di alcuni passaggi fondamentali del libro, tra cui il memoriale del pentito Fonti e un passaggio di un documento redatto dai servizi segreti italiani. Nonostante le due ore e passa di durata, la serata è stata partecipata fino all’ultimo e tra gli interventi registrati, oltre al saluto istituzionale del sindaco Salvatore Fuda, che ha ribadito la volontà dell’amministrazione comunale di sostenere manifestazioni culturali del genere, ben supportato dal suo vice Luca Giuseppe Ritorto, e ha visto i contributi, tra gli altri, del presidente dell’osservatorio ambientale “Diritto per la vita” Arturo Rocca e del capogruppo di maggioranza in consiglio comunale Maurizio Zavaglia.

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