Un gip di Latina – di origine calabrese – e due professionisti romani con incarichi dal tribunale pontino nella gestione dei beni sequestrati sono stati arrestati dalla Guardia di Finanza di Perugia in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare con le accuse di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità.

Le indagini della Procura di Perugia, guidata da Raffaele Cantone, sono partite dalla denuncia presentata da un imprenditore della logistica che lamentava irregolarità e condotte non trasparenti da parte dei due amministratori giudiziari, con l’avallo del giudice per le indagini preliminari, nella gestione dei complessi aziendali che gli erano stati sequestrati nell’ambito di un’inchiesta per reati tributari.

L’inchiesta in corso da diversi mesi del Nucleo di polizia economico finanziaria di Perugia, condotta con intercettazioni e tabulati, pedinamenti e acquisizione di documenti bancari, avrebbe dimostrato “un chiaro quadro di accordo corruttivo e di vendita della funzione”, scrive il Gip di Perugia, dove “i soggetti nominati” dalla giudici sarebbero “legati” da “rapporti personali pregressi” e avrebbero retrocesso al magistrato “sotto forma di contributo mensile ed altre regalie, parte del denaro” che lo stesso giudice “liquidava loro per l’adempimento degli incarichi”.

Oltre al denaro nel capo d’imputazione si parla di “gioielli, orologi, viaggi e un abbonamento annuale per assistere in tribuna d’onore dello stadio Olimpico alle partite di una squadra calcio” che il giudice avrebbe percepito dai professionisti nominati da lei.Infine sarebbero stati accertati atti contrari ai doveri d’ufficio che il Giudice di Latina avrebbe tenuto nella gestione delle società raggiunte da sequestri. In particolare omessa vigilanza o la mancata denuncia di attività illecite da parte degli ex amministratori, ma anche comportamenti volti a portare le società al fallimento per nominare curatori gli stessi professionisti, con lo scopo di mantenere il controllo sulla procedura, non perdere la fonte di guadagno e impedire che soggetti esterni potessero evidenziare le criticità o la malagestione dell’amministrazione giudiziaria.

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