I Nas dei carabinieri, d’intesa con il Ministero della Salute, dalla metà del mese scorso hanno pianificato e condotto dei controlli su tutto il territorio nazionale nelle strutture sanitarie e socio-assistenziali pubbliche e private che, per sopperire alla carenza di personale e garantire l’erogazione minima dei servizi di cura ed assistenza, ricorrono sempre più spesso a contratti di appalto per avvalersi di professionalità sanitarie, come medici, infermieri ed operatori sanitari, forniti da società esterne, solitamente riconducibili a cooperative.
Per verificare la correttezza dei questo metodo di reclutamento, l’adeguatezza dei titoli abilitativi ed il rispetto dei turni di servizio e della fruizione delle assenze, in aderenza ai Contratti Nazionali di Categoria, sono stati eseguiti accessi in oltre mille e novecento strutture sanitarie, monitorando 637 imprese e cooperative private e verificando l’idoneità di oltre 11.600 figure tra medici (13%), infermieri (25%) e altre professioni sanitarie (62%) come operatori socioassistenziali, tecnici di laboratorio e figure similari, riscontrando irregolarità in 165 posizioni lavorative.
I militari hanno così segnalato, nel complesso, 205 persone, tra responsabili di coop, titolari di strutture sanitarie ed operatori sanitari, di cui 83 all’Autorità Giudiziaria e 122 a quella Amministrativa.
In particolare, sono stati denunciati otto titolari di cooperative per l’ipotesi di reato di frode ed inadempimento nelle pubbliche forniture.
Secondo gli investigatori avrebbero infatti inviato personale in attività di assistenza ausiliaria in ospedali pubblici, in numero inferiore rispetto a quello previsto dalle condizioni contrattuali con l’Azienda sanitaria, o avrebbero impiegato del semplice personale ausiliario, senza il titolo abilitativo previsto, al posto di Oss e, infine, personale medico non specializzato per l’incarico da ricoprire.
Al riguardo, è stata accertata da parte delle coop la fornitura di medici con un’età anagrafica superiore a quella stabilita contrattualmente – anche oltre i 70 anni – e l’impiego esternalizzato di risorse umane non adatto alle esigenze degli specifici reparti ospedalieri, come la fornitura ad “ostetricia e ginecologia” di personale sanitario, tra cui anche medici generici, non formato a gestire parti cesarei o, ancora, personale medico da impiegare nel pronto soccorso e non specializzato in “medicina di urgenza”.
Sono emersi poi diversi casi di esercizio abusivo della professione – riferiti a 43 operatori – in particolare riguardanti lo svolgimento di attività infermieristiche: gli stessi non erano iscritti all’albo o non avevano visto riconosciuti dei titoli acquisiti all’estero.
Casi, quest’ultimi, spesso favoriti dalla mancanza di una verifica preliminare da parte dei responsabili delle cooperative. In un caso una coop di Latina ha fornito un medico, già in servizio presso un ospedale pubblico in rapporto di esclusività, ad un nosocomio di un’altra provincia per ricoprire turni di guardia.
Numerose, infine, le violazioni evidenziate dai NAS sull’impiego di figure sanitarie esterne, collocate in attività lavorativa senza l’adeguata formazione sulla tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Sono state accertate e contestate anche violazioni per carenze autorizzative, funzionali e strutturali che hanno determinato, nei casi più gravi, la chiusura di cinque strutture socio-sanitarie.
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