Sulla vicenda della condanna a sei anni di reclusione dell’avvocato Armando Veneto, intervengono anche i suoi legali, Clara Veneto e Giuseppe Milicia.
“La condanna di un innocente è l’esperienza più amara che può vivere un difensore. Capita spesso che l’innocenza di cui sei certo non possa essere adeguatamente rappresentata attraverso le prove presenti nel processo. Non è questo il caso della condanna inflitta ad Armando Veneto a fronte di prove evidenti della sua innocenza.
La scelta di essere giudicato con rito abbreviato è dipesa solo ed esclusivamente dalla presenza nel fascicolo di evidenze schiaccianti. Che avevano persuaso prima la Procura della Repubblica di Catanzaro quando aveva archiviato il fascicolo nel 2011; poi la Squadra Mobile di Reggio Calabria dopo la riapertura delle indagini che avevano consentito di inquadrare, senza ombra di dubbio, la dinamica dei fatti delittuosi e la totale estraneità dell’avv. Veneto”, scrivono gli avvocati Clara Veneto e Giuseppe Milicia.
“Ed ancora la Procura di Catanzaro che aveva riconosciuto e spiegato la dinamica dell’errore commesso quando si era dubitato di un possibile ruolo dell’Avv. Veneto nella vicenda. Lo aveva ribadito il Pubblico Ministero del processo celebrato nel 2015 nei confronti dei ritenuti responsabili, chiarendo che quell’errore aveva comportato il rischio di favorire i veri colpevoli. Tutto ciò è perfettamente comprensibile; lo abbiamo compreso e abbiamo compreso la doverosa presa di posizione della Procura della Repubblica nel 2014 che manifestava il rammarico per essere stata la figura di un professionista stimato associata a vicende criminali. Ciò che invece non abbiamo compreso, e che il giudice non sarà in grado di spiegare con la sentenza, è il radicale capovolgimento di prospettiva dei pubblici misteri che si sono cimentati nel 2020, riesumando un fascicolo, destinato all’archivio per la posizione dell’avvocato Veneto”.
“Il divario tra il verdetto del gup di Catanzaro e le cose ragionevoli e sensate è così macroscopico da indurci ad abbandonare il riserbo da noi avvocati solitamente osservato. Comprendiamo perfettamente che nella nostra terra la repressione penale, da certa magistratura militante, venga attuata secondo la filosofia “colpiscine uno per educarne 100”. Ma giungere all’estremo di colpirne uno a caso – ma non per caso, perché Armando Veneto rappresenta molto di più del dramma individuale dell’innocente condannato- è inaccettabile”, concludono i legali.