Lucifero , il vermo reo , domina la scena del XXXIV canto dell’Inferno , disgustoso, orribile a vedersi. Dante cerca di comunicare al lettore la sensazione di orrore che ha provato alla vista di Lucifero in mezzo al ghiaccio di Cocito ; in verità , più che l’orrore emerge la fissità di un ambiente gelido , in cui regna il male nel silenzio angosciante che tutto avvolge.

Indirettamente Dante offre una definizione del male : è negazione di vita e vitalità, tanto suggestivo all’apparenza , quanto repellente nella realtà. La ragione ha svelato al poeta l’aspetto oggettivo di Satana , personaggio che ha fatto la storia dell’umanità determinandone per sempre le sorti , quel vermo-serpente che, nel Paradiso Terrestre , indusse Eva a mangiare il frutto proibito . Ora, paradossalmente , proprio attraverso il vello di Lucifero si realizza la svolta salvifica di Dante , il passaggio cioè dall’Inferno al Purgatorio . Il male da strumento di dannazione , si è trasformato in mezzo di salvazione ; eppure solo la prospettiva del pellegrino è mutata in quanto , aiutato dalla ragione , può ormai tranquillamente prendere le distanze da colui che prima era oggetto di attrazione e paura allo stesso tempo . Dante scopre così che Lucifero è semplicemente un vermo reo . L’immagine metaforica del vermo trova riscontro nei testi biblici classici , in particolare nell’Apocalisse, ma risale ancora più indietro nel tempo , all’epoca del mito . Cosi , nella Mesopotamia arcaica , Tiamat , il mostro sacro . sconfitto da Marduk , il signore della luce viene descritta a forma di serpente . Tiamat è l’irrazionalità scatenata , l’istinto irrefrenabile che esplode nei giorni di fine dicembre e culmina la notte del trentuno .

Ma il primo di gennaio il serpente viscido , l’orribile vermo reo viene annientato dal sole , che impone il dominio razionale su cose e persone. . Perciò ogni anno Tiamat scatena la rituale guerra dell’istinto e ogni anno viene sconfitta da Marduc . Anche i Dante , Lucifero è la negazione della luce e della razionalità, e si presenta come un mostro dalle dimensioni spropositate : una massa gigantessa con tre bocche in cui si assomma il male del mondo . Nelle tre bocche Giuda Bruto e Cassio . Di fronte alla nitida presa di coscienza si allontanano lentamente le angosce , il buio mortale , l’atmosfera cupa e tragica dell’Inferno . Dietro a Virgilio Dante percorre uno stretto cunicolo e, senza accorgersi si trova da tutt’altra parte . Scomparso il regno del dolore , Lucifero si mostra a Dante conficcato dentro il centro della terra , coi piedi per aria , mentre accanto al poeta scorre un fiumicello , Non c’è più Cocito ne l’oscurità di una notte senza tempo: il pellegrino e la sua guida , dopo tanta sofferenza , tornano a rivedere le stelle . Esse diventano in Dante il simbolo di un ritrovato equilibrio emotivo , di un’armonia che si schiude a nuove significative esperienze interiori.

Professore Vincenzo Bruzzaniti

Fin qui, ho commentato tutti i Canti dell’Inferno e del Paradiso . Credo di aver fatto un bel lavoro, nel ricordo dei grandi dantisti da me conosciuti nel periodo in cui frequentavo l’università a Roma . Non posso non ricordare il grande Ignazio Baldelli e Il professore Vincenzo Esposito . Loro mi hanno fatto amare la Commedia . Loro mi hanno “iniziato al lavoro filologico e al commento estetico” un grande grazie a questi maestri dell’arte di Dante .

Un grazie sentito a Tonino Tassone che mi ha ospitato nel suo giornale; un grazie davvero grande a tutti coloro che da miei commenti hanno portato avanti la loro cultura e il loro sapere

Vincenzo Bruzzaniti