Che per Dante Ugolino—-quali siano le sue colpe—-a ragione si dolga dell’Arcivescovo Ruggeri non metterei in dubbio . Ma la sua invettiva —-si noti—–è conto Pisa ; trascura le persone , investe un’intera città e condanna in essa tutta una società .In ciò sta il significato etico-storico dell’episodio e insieme il significato della parabola poetica .Difficilmente credo , ulteriori indagini potrebbero aiutare l’esegesi del testo oltre i limiti perentoriamente dichiarati da Dante stesso . Non c’è che entrare direttamente nell’invenzione dantesca e accettarla come una verità “più vera di quella che i protagonisti della cupa vicenda portarono in sè nel mistero della loro fine” ; ma accettarla anche nel suo severo significato , in armonia con tutta la figurazione dell’Inferno dantesco ; come momento di amarezza e di dolore , come testimonianza dell’orrore in cui si esaspera la coscienza della perdizione umana .
Circoscrivendo l’area dell’episodio all’orribile torre. alla lenta agonia , alla cruda morte, Dante ha certo obbedito a ragioni d’arte. e di convenienza poetica ; ma intese anche dare ad esso più drammatico rilievo in rapporto al significato ultimo e indeclinabile del Poema. Confitti nel ghiaccio dell’Antenora Dante incontra due dannati e interpella colui che rode rabbiosamente la nuca del suo compagno di penna . E’ Ugolino della Gherardesca che già potentissimo a Pisa, fu fatto prigioniero dai Ghibellini e fu fatto morire di fame insieme a due figli e due nipoti . L’altro è l’Arcivescovo Ruggieri , alla cui frode e alla cui crudeltà egli dovette la cattura e la fine orribile. Traditori ambedue ( il conte Ugolino era accusato di avere consegnato a Lucca e a Firenze alcuni castelli pisani) , scontano la pena nello stesso luogo . ma le loro pene non sono certo pari : Ruggeri oltre al tormento del gelo eterno ha quello che gli infligge la rabbia del suo nemico ; per Ugolino al dramma della dannazione si aggiunge l’ira e la sete inesausta di vendetta contro il nemico. L’episodio mantenuto inizialmente entro una cornice epica nella quale il solo personaggio ha avuto modo di imporsi alla nostra fantasia , come una colossale statua dell’odio , acquista intimità di risonanze per il contrapporsi del dolore dei figli innocenti pieni di fiducia nel padre , alla cupa e consapevole disperazione di costui .
Come ha osservato il De Sanctis , l’offesa arrecatagli dai sui nemici non è rappresentata per Ugolino dalla sua morte , ma da quella dei suoi figliuoli . Nel racconto di Ugolino quel gesto di mordersi le mani suscita nei giovani che la fame ha resi ormai quasi disumani cui ha tolto fiducia e e vitalità , un sentimento che è di affetto ancora per il padre di disperato e disumano affetto , , nel quale si riflette però istintiva la loro stessa fame che li rende crudele contro se stessi e verso il misero padre al quale offrono le loro carni . Un atto di dedizione ispirato , più che dalla coscienza del padre . dalla loro stessa sofferenza fisica .E’ questo il momento culminante della tragedia , e quello che più duramente rispecchia l’atroce colpa di chi ha condannato esseri umana teneri affettuosi e innocenti , a questa alienazione di da se stessi : la colpa di chi freddamente ha deliberato su uomini, peggio su giovani e innocenti . Una colpa che consiste nell’aver spinto essere umani ad una degradazione , ad uno stato disumano : fino a rendere possibile anche il solo pensiero che un padre possa cibarsi delle carni dei figli. Nota il Momigliano come il racconto di Ugolino sia tutta un alternativa di interminabili silenzi . L altro peccatore incontrato da Dante nel ghiaccio è Alberico dei Manfredi di Faenza che fece uccidere a tradimento dei suoi congiunti mentre erano con lui durante un banchetto . Il dannato spiega a Dante , meravigliato perchè sapeva Alberigo ancora nel mondo dei vivi , che per una legge della Tolomea ( zona dove sono puniti i traditori degli ospiti ) egli è entrato nell’Inferno solo con l’anima ,mentre il suo corpo sulla terra è governato da un demonio Alberico e presentato come la frutta del mal orto . Vengano le frutta sarebbe stata la frase pronunciata da Alberigo. Per questo il Poeta presenta il Frate come quel de la frutta del mal orto .Il particolare della frutta , particolare reale , che assurge alla funzione di primo piano , In esso manifestandosi per intero la natura malvagia del dannato serve poi come spunto alla sviluppo metaforico del verso 120 dove la contrapposizione del dattero al filo ha un suono plebeo , di aspro e irriverente sarcasmo . Dopo aver ricordato Branca d’Oria , reo di aver ucciso il suocero Michele Zanche mediante una frode dello stesso genere, il canto si conclude con una dura invettiva contro i Genovesi.
Professore Vincenzo Bruzzaniti