Le quattro virtù cardinali e le tre teologali iniziano , di fronte alle tristi vicende della Chiesa , il canto del salmo LXXIX : ” Deus venerunt gentes” , al quale Beatrice risponde con le stesse parole rivolte da Gesù ai discepoli per annunciare loro la sua morte e la sua risurrezione : ” Modicum , et non videbitis me…..”. In un secondo momento Beatrice invita Dante a camminare al suo fianco, affinchè possa meglio udire le sue parole . Ella ora intende spiegare i misteriosi prodigi avvenuti intorno e sul carro della Chiesa e contemporaneamente preannunziare la punizione di colore che si sono resi colpevoli della corruzione morale della Chiesa . Al poeta – continua Beatrice- toccherà il compito di riferire agli uomini ciò che ha udito. E poichè Dante osserva che il linguaggio da lei usato è troppo oscuro ed esige uno sforzo non comune per poterlo comprendere , Beatrice rivela che ciò avviene per dimostrare all’uomo che ogni dottrina terrena è insufficiente a penetrare la scienza divina.
E’ mezzogiorno allorchè le figure delle sette virtù si fermano nella zona in cui termina l’ombra della divina foresta , di fronte alla sorgente dei due fiumi del paradiso terrestre , il Letè , nelle cui acque il Poeta è già stato immerso per dimenticare il male passato, e l’Eunoè . Matelda -in seguito ad un comando di Beatrice- invita Dante e Stazio a seguirla per bere l’acqua di questo fiume , che ravviva la memoria del bene compiuto. Con questo ultimo rito la purificazione del Poeta è completa : egli è ormai puro e disposto a salire alle stelle.
La struttura dell’ultimo canto del Purgatorio si presenta , sotto alcuni aspetti , simile a quella del canto precedente : essa sviluppa ulteriormente , concludendola, la ricca tematica storico-politica del canto XXXII e appare vigorosamente percorsa – nell’ultimo , impegnato discorso di Beatrice nel Purgatorio – dallo stesso impeto profetico che sorreggeva le fosche visioni del carro della Chiesa . Inoltre contrappone anch’essa alle scena apocalittiche , avvolte in una luce epica e sacrale , la suggestione di alcune immagini distese in una natura limpida e sognante , che richiama le prime , luminose terzine descrittive del paradiso terrestre . Tuttavia , fin dall’inizio , si avverte che l’atmosfera è mutata , perchè freme dovunque un ‘ansia di liberazione e di purezza , che allontana le crude immagini conclusive del canto XXXII per introdurre alla vastità misteriosa delle stelle ormai propinque , del ciel che più alto festina , del sole corusco , fino allo slancio anelante a Dio , che chiude tutta la seconda cantica.
Dante conclude , con l’apparizione del Letè e dell’Eunoè , la complessa costruzione esteriore del suo purgatorio , per la quale la tradizione non gli poteva offrire molti elementi ispiratori. Infatti nelle numerose visioni dell’oltretomba che la letteratura e le arti figurative del Medioevo hanno prodotto , le descrizioni del purgatorio sono rare , essendo l’interesse concentrato sulle orride immagini dell’inferno o su quelle idilliache del paradiso . Concepito dapprima come un fiume rovente , in seguito il purgatorio apparve sotto forma di un monte oppure di un fiume di pece . Con questo ultimo aspetto il mondo della purificazione viene rappresentato nell’unica testimonianza figurativa che di esso il Medioevo ci ha lasciato . nel grande affresco di Loreto Aprutino , su un lungo ponte le anime dei giusti attraversano il fiume di pece per passare in una torre. Qui vengono rivestite e rese degne di entrare in paradiso , mentre i peccatori precipitano nel fiume per essere sottoposti alla necessaria purificazione-
Professore Vincenzo Bruzzaniti