R. e P.
Il canto XXX del Purgatorio è il luogo della riconciliazione , dell’incontro fatale in cui Dante ritrova il suo amore , nella luce beatifica di Dio. Dante rivede Beatrice dopo molto tempo è non può che esclamare , ancor prima di identificarne le fattezze : “conosco i segni de l’antica fiamma”(v,48). Umano e divino , in questo caso , si integrano a creare una nuova fiamma d’amore , che cattura e salva . Beatrice è il sogno ritrovato e lì. nel Paradiso terrestre , il suo incontro è l’anticipazione di una promessa che si realizzerà ; la conquista del Paradiso .
Beatrice , la Teologia , la rivelazione cristiana da lei simboleggiata nel sistema religioso-filosofico-esistenziale di Dante , sarà la nuova guida del poeta, la compagna di un viaggio condiviso . Ma Beatrice è anche la donna amata . quella figura femminile che lasciata in giovinezza nella Vita Nova , il poeta ritrova ora nella maturità della Commedia . Beatrice è morta e non ci sono più i suoi occhi a confortare Dante . Ma , nel momento della disperazione totale , il sogno nascosto nel profondo ha ritrovato la via per manifestarsi , comparendo di nuovo nella dimensione della vita ed è riapparso improvviso , inaspettato, salvifico (cfr. Inferno , canto II) . Ora qui , nel Paradiso terrestre , si è tramutato in vera e propria realtà : lì davanti a Beatrice , Dante non può che ribadire lo sconvolgimento interiore che prova alla vista della magnifica donna. Lei , ferma sul fianco vicino al carro , di fronte al tremore della passione che investa il poeta , si erge a giudice impassibile . Quello a cui assiste il lettore non è l’abbraccio fra due amanti nè l’incontro di due sguardi , ma la scena di un solenne rimprovero in cui la donna amata formula accuse precise . Dante piange perchè non vede più Virgilio , ma ancor di qui , per la dura requisitoria di Beatrice. Prima, pero , appare un cuore di pietra . La passione travolgente , bloccata dalla durezza di Beatrice , forma un pezzo di ghiaccio nel cuore di Dante e solo la possibilità di accedere al perdono avvia il progressivo scioglimento emotivo che sfocerà nel pianto. Eppure l’atteggiamento di Beatrice è proprio dettato dall’amore da quel “bene velle” ( dal latino, voler bene) che il poeta latino Catullo non poteva più concedere a Lesbia , l’amante colpevole di adulterio. Il voler bene per il poeta latino è quello dei padri per i figli , non l’attrazione fisica fine a se stessa che prova per Lesbia ; qui sulla cima della montagna del Purgatorio , è tutto un voler bene. Beatrice intende portare Dante con se nella beatitudine di Dio e sa che per giungervi il suo amico ha bisogno di compiere un percorso di conoscenza di se e di pentimento . Non c’è la fanciulla eterea che ammicca al poeta strappandogli un sospiro ineffabile , c’è invece la donna che attua tutti i mezzi per realizzare il bene del suo amore. L’immagine tuttavia della donna che stempra , cioè consuma Dante , vela allegoricamente la teologia cristiana del pentimento : il pianto è la sensazione dell’abbandono di un passato di colpa e dell’inizio di una nuova vita.
Beatrice simbolo della Teologia , appare vestita dai tre colori rappresentanti la fede , la speranza, la carità, cioè le virtù teologali , mentre la ghirlanda d’ulivo simboleggia la pace , propria dell’anima che vive nella fede , e poichè l’ulivo è sacro alla dea della sapienza Minerva , tale corona indica anche la sapienza , propria della dottrina teologica . Nel colore delle vesti occorre rilevare un evidente richiamo alla Vita Nova : infatti Beatrice appare a Dante la prima volta vestita di rosso , la seconda vestita di bianco , avvolta poi in un manto sanguigno nella visione che il poeta ha dopo il secondo incontro , e con il capo ricoperto da un velo bianco durante un sogno nel quale Dante immagina di vederla già morta . Nei versi 121-123 , Beatrice ricorda il benefico effetto che la sua presenza ebbe su Dante nel periodo che intercorse secondo quanto ci dice il poeta stesso nella Vita Nova , fra il maggio 1274 e il mese di giugno 1290 , cioè fra il primo incontro e la morte della donna.
Professore Vincenzo Bruzzaniti