Il personaggio cha parla è il conte Guido I da Montefeltro . Nato intorno al 1220 , militò del partito dei ghibellini e fu, nel 1268, vicario a Roma di Corradino di Svevia . Nel 1275 in qualità di capitano dei ghibellini della Romagna , sgominò presso Faenza , al ponte di San Procolo, i guelfi bolognesi . Dopo si impadronì di Cesena e di Bagnacavallo . La similitudine iniziale del bue cicilian riprende una leggenda riportati da diversi scrittori latini ( Ovidio , Plinio il Vecchio, Valerio Massimo , Paolo Orosio) L’ateniese Perillo aveva costruito per il tiranno di Agrigento, Falaride , un bue di rame , che, arroventato , causava la morte . tra atroci supplizi , dei condannati chiusi in esso. Il bue di Perillo aveva la particolarità di trasformare in gemiti bovini le grida di questi infelici . La prima vittima di questo strumento di tortura fu il suo stesso inventore.
L’inciso di Dante ” e ciò fu dritto” riecheggia , in forma lapidaria una più ampia considerazione di Ovidio ( Ars amandi I ,653-654) : Non esiste infatti legge più giusta di quella per cui gli artefici di morte periscono ad opera della loro arte, L’andamento della similitudine , che ripropone , all’inizio di questo canto , il tema del linguaggio dei consiglieri fraudolenti .
Nell’ottava bolgia, disseminata di lingue di fuoco , Dante trova un consigliere fraudolento suo contemporaneo : Guido da Montefeltro . L’incontro permette al poeta di raccontare le complesse e drammatiche vicende dei principi di Romagna e di riflettere su un tema a lui caro : il rapporto tra colpa e libera volontà umana . Il canto s’incentra sulla diabolica azione di Bonifacio VIII , maestro di dannazione eterna . Il disprezzo per il nemico di sempre assume, in questi versi, la tonalità cupa di una condanna irreversibile , sia umana sia divina , e Dante si sente tanto più vicino a quegli spirituali , tra cui Iacopone da Todi , che contrastarono le azioni politico-militare del papa teocratico . Se il dannato che parla è Guido da Montefeltro , politico astuto al di la di ogni legge morale , anticipazione di quella figura di potente che disegnerà poi il Maachievelli nel Principe , l’episodio si concentra sulle trame e la bramosia di potere di Bonifacio VIII. Dopo una vita di inganni , Guido decide di vestire l’abito francescano , ma sulla strada della salvezza , s’imbatte nel principe d’i novi Farisei . Questi lo induce a fornirgli quel consiglio fraudolento , cioè promettere molto e mantenere niente , che permette a Bonifacio VIII di prendere possesso delle fortezze dei Colonna . Se l’VIII comandamento (“non dire falsa testimonianza “) è stato del tutto violato , Guido ha però l’attenuante che il papa lo ha assolto in anticipo , abusando in maniera sacrilega di una facoltà che non gli poteva essere concessa . Lo apprenderà poi con chiarezza dalla viva voce del nero cherubino (=diavolo) che spiegherà a lui , e anche all’incredulo San Francesco , giunto per condurre l’anima di Guido in cielo , che ne pentere e volere insieme puossi per la contradizion che nol consente ( non è possibile cioè pentirsi del male e nello stesso tempo volerlo , per la contraddizione logica presente ). La lucida logica del demonio ha scardinato l’impalcatura contorta e tendenziosa del gran prete , mettendo a nudo ciò che da sempre anche Guido avrebbe saputo , se solo più sincera e profonda fosse stata la sua voglia di purezza . Probabilmente in lui non si è mai pienamente realizzata la metamorfosi dal peccato alla santità , obiettivo perseguito più formalmente che sostanzialmente . Per Guido si può dire alla lettera che l’abito non abbia fatto il monaco , e il suo scaricare tutta la colpa sul papa non fa che ribadire il modesto livello di responsabilità morale posseduta . La scena di questi due anziani maneggiatori delle vicende storico-politiche del tempo appare fosca e inquietante . Essi tramano nel segreto della confessione , ubriaco di potere temporale l’uno , incapace di dominare l’antica voglia di ingannare l’altro , mettendo in nudo i vizi nascosti di un potere occulto.
La denuncia politica , umana e religiosa si amplia alla necessità che il male vada rifiutato anche nel segreto del proprio cuore . Tragico sarà perciò il risveglio di Guido da Montefeltro , allorchè si troverà nelle grinfie del nero cherubino e non potrà dire altro che: son perduto.
Professore Vincenzo Bruzzaniti