R. e P.
Quasi tutti i commentatori del canto venticinquesimo ne hanno avvertito il fascino, ma ne hanno male indicato la ragione in un’abilita descrittiva che è solo superfice della sua bellezza,; i critici severi , non soltanto non hanno oltrepassato la superfice, ma nemmeno hanno sentito il fascino di quelle terzine. Sotto la fredda malia della nitida metamorfosi palpita, muto, tremendo, religioso , il dramma dell’anima che si smarrisce nel corpo bruto . La precisa materialità di quelle descrizioni , la mancanza di ogni suggestione sentimentale , non sono che il mezzo onde si rileva la silenziosa morte dello spirito .La concentrazione assidua , allucinante sulle linee fisiche , spogliate d’ogni intimo senso , fa risaltare tragicamente l’assenza della vita spirituale , il tremendo castigo divino che soffoca nella materia l’anima di chi alla materia ha dato tanto valore. Ognuno di quei particolari ., appunto perchè è cosi oggettivamente preciso, allarga il senso di stupore e d’orrore da cui è nato il canto , Il poeta contempla, , minuto e incisivo , come se volesse cogliere in ogni parte di quei singoli corpi il segreto della meraviglia che lo incatena dinanzi allo spettacolo non mai immaginato . Contempla e non parla ….misterioso stupore.
Nel canto XXV ogni sentimento che non sia misterioso orrore è morto: questo è il suo carattere fondamentale . Non c’è nulla di umano : la persona è soffocata nella stretta delle serpi , smarrita nel mostruoso compenetrarsi del ladro e della bestia , cancellata nella tramutazione dei due corpi , dove la carne , sola da segno di esistere, I dannati fuggono inseguiti a gran voce dal centauro Caco , il mitico ladro ucciso da Ercole . Tra i dannati tre ladri fiorentini: Agnolo Brunelleschi , Buoso Donati , e Puccio Sciancato . Dante e Virgilio assistono ad un evento terrificante , allucinanti metamorfosi si svolgono sotto i loro occhi. Un serpente munito di sei piedi si lancia contro uno di questi ladri e si abbarbica al suo corpo come l’edera a un albero . Come se fosse di cera la forma umana si trasferisce in quella del serpente , mentre questa , a sua volta, si perde in quella dell’uomo. Il risultato di questa innaturale fusione è un mostro orribile che incomincia a percorre in silenzio , con passo lento. il fondo della bolgia . Non appena questa metamorfosi si è compiuta , un serpentello – che è uno dei peccatori già trasformati- con la velocità di un fulmine trafigge l’ombelico ad un altro dei tre ladri , ricadendo poi a terra davanti a privo di forze, stregato . Mentre il serpente e l’uomo si guardano negli occhi attraverso il fumo che , uscendo dalla bocca del rettile si scontra con quello che si sprigiona dalla ferita dell’uomo , avviene la terza delle trasformazioni della settima bolgia , quella che nessuno dei poeti antiche e riuscito ad immaginare, Nemmeno LUCANO e neanche OVIDIO : l’uomo a poco a poco assume le fattezze del serpente che gli sta davanti, questo si trasforma nel dannato che ha ferito .La pena di coloro che in vita privarono il prossimo di beni materiali sui quali non potevano accampare alcun diritto vuole privarli del solo bene inalienabile di cui, per legge di natura un uomo può disporre , la propria figura .
Professore Vincenzo Bruzzaniti