Commento estetico al canto XX del Paradiso di Dante a cura del Professore Vincenzo Bruzzaniti .

L’aquila di Giove cessa di parlare e tutte le anime che la compongono , ardendo di carità , iniziano a cantare dolcemente . Alla fine del canto Dante sente salire attraverso il collo dell’aquila un rumore simile al mormorio di un fiume che, giunto al becco, ne fuoriesce sotto forma di chiare parole . L’aquila invita il poeta a guardarla negli occhi , luogo in cui si concentrano gli spiriti più alti della sua figura, e rivela che il posto della pupilla è occupato da Davide, colui che trasporto l’Arca dell’Alleanza di città in città.
I cinque che formano l’arco del ciglio superiore sono: il re Ezechia , che ritardo’ la data della sua morte per poter scontare i sui peccati con sincera costrizione; l’imperatore Traiano, Costantino , il cui lodevole intento di cedere alcuni terreni alla Chiesa e di trasferire l’impero in Oriente produsse cattive conseguenze ; Guglielmo II il Buono , la cui morte fu rimpianta dai sudditi , e infine il troiano Rifeo . Stupefatto , Dante chiede come abbiano potuto salvarsi Traiano e Rifeo , due pagani, e le anime, felici di poter spiegare l’evento, brillano di gioia. L’aquila rivela che la divina volontà si lascio conquistare dall’ardore della carità e dall’intensa speranza e concesse che Traiano e Rifeo potessero credere in lei e in Cristo , per consentire la loro salvezza . Dopo aver accertato l’impossibilità della mente umana di penetrare il mistero della predestinazione , l’aquila ammonisce gli uomini ad astenersi dal giudicare sulla salvezza futura degli uomini perchè neppure i beati sono a conoscenza . Soddisfatto dalle spiegazioni ricevute , Dante si sente rasserenato e gli spiriti di Traiano e di Rifeo muovono le loro luci concordemente alle parole dell’aquila .

Prof Vincenzo Bruzzaniti