Una  distinzione che bisogna esser pronti a fare nel poema , e tra Dante narratore del suo pretesto viaggio e Dante viaggiatore , attore, personaggio drammatico delle scene a cui il viaggio da luogo(…..). In nessun canto più che in questo è utile la distinzione. Qua il narratore è dal principio già tutto invasato da sdegno contro la simonia , ammira subito  con gran soddisfazione la pena che Dio ha inventata pei simoniaci , vien fuori con accenni fiorentineschi da esule accorato , con dichiarazioni apologetiche ……Il viaggiatore si affaccia in questa bolgia senza sapere quale peccato vi si punisca . Il canto incomincia come pochi canti o episodi . Esordisce  con:  O simon mago

o miseri seguaci ……..

Una distesa di fori da cui fuoriescono le gambe e i piedi dei peccatori ,lambiti da fiamme ardenti: ecco lo scenario della terza bolgia infernale che raccoglie i simoniaci. Questi dannati fecero commercio di cose sacre, stravolgendo completamente il compito loro affidato. La colpa è terribile e tanto odiosa che Dante, nel presentarla , indulge al sarcasmo, e cosi svilente da produrre un effetto comico.

La Commedia non fa quasi mai ridere , perchè affronta tematiche di alto valore esistenziale , ma qui nella figura di un papa simoniaco

conficcato a testa in giù, coi piedi che bruciano e che si storcono a esprimere sofferenza e disappunto, c’è il divertimento del cristiano giusto e dell’uomo onesto di fronte a una rappresentazione grottesca. Dante in questo canto non è sfiorato dalla compassione , perchè la colpa dei simoniaci non ha radici in qualche sentimento di apprezzabile spessore umano , ma nella nella meschinità di un cuore avido ,spregiatore degli uomini e di Dio. Cosi Dante si diverte e comunica ai lettori questo suo gusto che culmina nella parole di papa Niccolo III : Sè’ tu già costi’ ritto Bonifazio? E’ a questo punto , infatti, che viene a sapere che il suo acerrimo nemico Bonifacio VIII , è atteso nella bolgia . Il comico nasce come teorizza lo scrittore Luigi Pirandello , dall’avvertimento del contrario , cioè dal capovolgimento del consueto sistema di riferimento: il papa teocratico , il capo assoluto della Chiesa che impone le norme al cristiano e intanto si da a loschi intrallazzi politico-economici , presto si troverà a testa in giù , conficcato in un pozzetto , con i piedi in fiamme , a scontare eternamente il messaggio d’amore e di salvazione di Cristo E’ questo sovvertimento di immagini e di di situazioni che colpisce , ma l’ilarità presto si trasforma in sarcasmo e in invettiva. Il culmine è raggiunto nell’anticipazione dell’arrivo del papa Clemente V , autore di più laida opra . Dante allora , con la coscienza di chi mai si è macchiato di tali colpe, si scaglia contro i papi simoniaci cosi violentemente da dubitare di incorrere in un giudizio di suprema temerarietà : egli , semplice cristiano , può forse osare una denuncia così radicale contro i Papi?. La sua audacia nasce dalla consapevolezza che, davanti a Dio, non ci sono papi o umili ma solo uomini che hanno o non hanno rispettato il Vangelo e le norme che governano i corretti rapporti sociali. Dante , novello Giovanni, fa risuonare la tromba apocalittica che divide i giusti dai colpevoli e la consapevolezza qui suona tanta più chiara e definitiva quanto più alta è stata la responsabilità morale e religiosa che i dannati anno avuto in vita . L’istituzione tuttavia è salva e la feroce critica di Dante a coloro che la rappresentano ribadisce il bisogno di una religiosità limpida , che era già presente nei movimenti ereticali dell’epoca.

Professore Vincenzo Bruzzaniti.