Ahi serva Italia
Le lettere prostituite , tutte le passioni languenti e degenerate in una nuova licenza …….. U. Foscolo
Oh patria mia , vedo le mura e gli archi e le colonne e i simulacri e l’erme torri degli avi nostri
ma la gloria non vedo………… G. Leopardi
D’un volgo disperso che nome non ha ….. A . Manzoni
Risuonano alla memoria le voci più alte della nostra letteratura contro una patria che non c’è , una cultura e una politica vendute allo straniero . Il maestro di queste dure invettive è qui, nel VI canto del Purgatorio . Dante non risparmia nulla : accuse feroci e precise contro gli ecclesiastici e il papa , durissime contro l’imperatore “tedesco” a cui rivolge anche funesti auguri. Nulla tace : le lotte fratricide tra famiglie per il controllo sui territori , l’abbandono totale del popolo e del paese italiano , l’anarchia assoluta e l’inefficienza strutturata a sistema . Roma è una vedova che piange il suo morto sposo , l’Italia è una cavalla bizzarra cui manca il cavaliere capace di guidarla . Qui Dante appare dominato dalla sacra ira dei “giusti” e non concede alcuna giustificazione.
Ma sotto l’invettiva feroce , si percepisce ,dolente , l’animo di chi tanto ama la sua terra . E la patria si colora di tutti gli uomini del passato , di una patrimonio ideale e politico sedimentato attraverso secoli di storia . C’è in questo canto VI , la tragedia di un popolo che , grande un tempo, giace ora preda di diversi egoismi stranieri e locali , la squallida constatazione di una terra meravigliosa venduta a chi più offre . Dante piange l’Italia che non è più e lo fa “in Diretta ” fuori dalla narrazione .
L’abbraccio tra Virgilio e Sordello entrambi mantovani . è un semplice pretesto per affrontare un discorso spinoso che pervade tutta la commedia . Ma non è una digressione vera e propria perchè , per il poeta , la politica è la vita , e il suo viaggio alla ricerca della giusta dimensione del vivere prevede anche la conquista dei corretti valori terreni . Verso la fine del canto , lo sguardo ritorna poi sulla sua Firenze , sede di scontri politici violenti suggellati dal sangue , di leggi che si alternano e variano nell’arco di pochi giorni ; dove chiunque ha il diritto di alzare una bandiera e osa atteggiarsi a salvatore della patria Sembra di cogliere qui un atteggiamento aristocratico di Dante che , anche in altre occasioni , punta il dito contro la nuova classe dei borghesi arricchiti , forti solo del loro denaro . Dante non fa una distinzione di classe , egli che per far politica , si era iscritto alla corporazione degli Speziali : se aristocrazia c’è , questa risiede nell’animo e nella mente , in un sistema di valori affettivi e intellettuali consolidati . Risuona in questi versi quell’ideale repubblica platonica i cui “guardiani” , dopo severa e selezionatissima formazione , avrebbero gestito la cosa pubblica con disinteresse personale e amore . Un sogno questo che lega Dante a tutti i cultori di ogni epoca della politica in termini di servizio pubblico , finalizzato a un vivere pacifico e gratificante per la collettività .
Professore Vincenzo Bruzzaniti