Il lettore del canto sesto del Purgatorio è subito fermato dal tono delle prime terzine , dove si trova la famosa similitudine del gioco della zara . La calca delle anime che accortesi che Dante è ancora vivo , gli fanno ressa intorno per interessarlo alla loro sorte e pregarlo di chiedere per loro ai parenti superstiti , quando egli tornerà nel mondo e potrà imbattersi in essi , le preghiere che avranno virtù di abbreviare la loro attesa, poichè questa anime sono condannate a restare fuori dalla porta del Purgatorio per tanto tempo quanto indugiarono a pentirsi dei loro peccati : questa calca rammenta al Poeta uno spettacolo che gli era accaduto di vedere tante volte nella sua città nel quartiere di Mercato vecchio. Si giocava con accanimento , con furore fino a lasciarci la camicia .
E intorno ai giocatori una folla di curiosi o meglio di tifosi . E finita la partita , il vincitore via con tutti gli astanti che lo seguono , gli si fanno intorno , si rallegrano e chiedono un premio mentre il perditore rimane al banco del gioco solo a rifare la partita .
Giubilo da un lato in movimento tristezza dall’altro immobile. Il poeta qui allude a un gioco di dadi diffusissimo , benchè vietato dagli statuti comunali . Il gioco consisteva nell’indovinare in anticipo i numeri che risultavano dalla combinazione di tre dadi gettati su un tavoliere .
Dante inizia poi la rassegna delle anime dei morti in modo violento con la figura di Benincasa da Laterina famoso giurista di Arezzo a cui segue Guccio dei Tarlati di Pietramala di stirpe ghibellina . Viene ricordato anche Federico Novello e Pierre de la Borse. Virgilio spiega il valore della preghiera che anticipa quasi una visione paradisiaca , sarà Beatrice infatti. simbolo della Teologia a chiarire il valore della ragione.
L’ombra di Sordello rivela non appena Virgilio pronuncia in Nome di Mantova .I due concittadini si abbracciano mentre Dante di fronte a questa manifestazione di amore patrio inizia una violenta invettiva contro l’Italia , i cui cui cittadini hanno dimenticato ogni virtù e ogni concordia , combattendosi come nemici Invano Giustiniano ha riorganizzato le leggi della vita civile , se la chiesa intervenendo in campo politico , impedisce all’imperatore di governare.
Del resto anche il re Alberto d’Asburgo preso dai problemi della Germania non si è più curato ne dell’Italia ne della citta imperiale per eccellenza. Roma .
L apostrofe finale del canto con la visione di Firenze che dilaniata da lotte interne e fratricide tanto che non giunge alla metà di Novembre quanto si era deciso in Ottobre . Firenze …….simile ad una donna inferma che non riesce a trovare riposo nemmeno giacendo sulle piume e voltandosi e rivoltandosi sui fianchi cerca invano di fare schermo al suo dolore.
Professore Vincenzo Bruzzaniti